giovedì, dicembre 24, 2009

auguri

Piove? Ma è Natale o il giorno dei morti?

Come al solito, la vigilia di Natale sono sempre di corsa per un motivo o per l'altro. Questa volta, per esempio, mi si è otturato lo scarico del bagno quindi ho perso tutta la mattina per stare dietro alla cosa, che di per sé non era nemmeno molto natalizia. Quindi ora, dopo aver terminato di tradurre un lavoro altrettanto disgustoso, scappo a finire di impacchettare, fare visite e quant'altro... ma non prima di fare gli auguri a quelli che ancora seguono questo blog. E poi non dite che non trovo il tempo per voi. Buon Natale!

martedì, dicembre 22, 2009

solstizio d'inverno

Il sole sulla neve. Devo fare attenzioe a non scivolare lungo via Mompissano.

Un titolo un po' alla Ozu.
Ieri era il giorno più corto dell'anno. Ogni anno, arrivato a questo punto, provo un senso di sollievo, come un nuotatore che raggiunge la boa e si appresta a tornare indietro (e io tra l'altro non so nuotare). Poco importa se il vero inverno inizia solo adesso e le giornate resteranno quasi immutabilmente buie e fredde per parecchio tempo. Il solo fatto di sapere che oggi la sera non scenderà ancora prima di ieri, mi rasserena.

giovedì, dicembre 17, 2009

dimensione parallela

Il respiro gelido di dicembre si infilava sotto la cuffia, ed erano le ore più calde della giornata.

All'indomani dell'incidente Berlusconi-Tartaglia-Duomo di Milano, avevo iniziato a scrivere un post sull'argomento. Poi però mi è passata la voglia.
Perciò parliamo di qualcosa di completamente diverso.
La settimana scorsa sono uscito nel gelo della sera per portare fuori l'immondizia, che normalmente lascio lungo Via Vecchie Mura, a tre metri dalla porta di casa. Quando ho fatto per rientrare, mi sono ritrovato la porta d'ingresso chiusa. La cosa mi ha lasciato un po' spaesato, perché quando vado a lasciare il sacco dell'immondizia non la chiudo mai, visto che è solo questione di un attimo.
Non so perché, ma la cosa mi è parsa innaturale. Allora ho iniziato a fantasticare come mio solito, e ho pensato che magari, una volta tornato di sopra, avrei scoperto di essere stato via per dieci anni, trovando una Silvia quasi quarantenne e un Pietro che ormai frequentava le scuole medie. Oppure che magari mi sarebbe sembrato tutto normale, solo per accorgermi, dopo un paio d'ore, al momento di far fare la cacca a Pietro, di essere capitato in una dimensione parallela in cui tutto è identico a questa, tranne il fatto che lì i bimbi hanno la coda.
A cosa non si pensa, pur di non pensare al presente.

lunedì, dicembre 14, 2009

alfabeto (3)

Stamattina ho visto qualche fiocco di neve leggerissimo e isolato scendere flemmaticamente mentre ascoltavo i Mi and L'au.

Dall'ultima volta che ho fatto il punto della situazione su Pietro è ormai passato un sacco di tempo. A dire il vero, è una cosa che perde un po' di senso, a quasi due anni e mezzo di età, più che altro per il fatto che ormai il grosso delle vere e proprie novità (prime parole, primi dentini, ecc) è passato, e da questo punto in avanti si tratta più che altro di consolidare e perfezionare processi già avviati. Ad ogni modo, visto che la memoria non è dalla nostra parte e vista la velocità con cui cambiano ed evolvono i bambini, avere qualche appunto scritto può tornare utile.
A quasi due anni e mezzo, Pietro:

a) Parla, e parla un sacco. Non solo conosce un sacco di parole di uso quotidiano, nomi di animali, ecc, ma formula anche delle frasi, ed è uno spasso sentirlo.

b) Ovviamente non parla ancora perfettamente, ad esempio dice la "l" al posto della "r"... ma sta smettendo di dire la "s" al posto della "f" (prima tirava fuori fantastici neologismi come "sarsalla" e "sormica).

c) Non solo: conosce anche i testi di un sacco di canzoni. Del resto mi sembra il minimo, con tutte le ore passate ad addormentarlo cantando! Tra quelle che sa meglio, oltre a praticamente tutta la colonna sonora di Nightmare Before Christmas, ci sono "Onda su onda" (Paolo Conte), "Il caffè della Peppina" (Zecchino d'Oro), "Son tre notti che non dormo", "Quel mazzolin di fiori"... e la canzone delle dita.

d) Ciò significa che Pietro, oltre a parlare, canta. Canta a modo suo. Azzecca tempi e ritmi, ma le note sono pressoché le stesse due per tutte le canzoni. Sì, devo dire che ha un senso del ritmo migliore del mio (che è un disastro).

e) Sa mangiare da solo con forchetta e cucchiaio.

f) Adora la cucina giapponese: pesce crudo, alghe wakame, riso bollito, salsa di soia, salsa tonkatsu, zuppa di miso, soba... portarlo al ristorante giapponese è stata una vera soddisfazione.

g) Mangia un po' di tutto (specie verdura e frutta), ma detesta i formaggi (a parte lo stracchino). Gli piacciono il miele e il cioccolato.

h) Sa sbucciare un mandarino, e dopo averlo mangiato va a buttare le bucce, rigorosamente nel cestino dell'umido.

i) Effettivamente, per certe cose è molto ordinato, ed è molto attento nell'imitarci e nell'imitare quel che facciamo (a parte il fatto che io NON sono ordinato). Se scarta qualcosa, poi butta sempre la confezione nel cestino.

l) Gli piacciono ancora molto i mostri (ma delle streghe inizia ad avere paura), e ora va matto per i pesci degli abissi (al compleanno gli ho regalato un dvd fantastico). Quando vede il "melanoceto" esclama entusiasta: "Papà, che brutto quel pesce! Paletta!".

m) Da qualche mese dorme in camera sua nel letto (non più il lettino)... qualche volta è rotolato giù, ma abbiamo attutito la caduta con delle specie di tatami.

n) Ora di notte dorme con una certa regolarità, e si sveglia al massimo una o due volte. Quando si sveglia, stranamente non viene da solo nel lettone, ma chiama timidamente, o a volte resta lì seduto sul letto ad aspettare.

o) Continua ad addormentarsi piuttosto tardi... in media verso le 23:30. In compenso però ha imparato a stare relativamente buono se per caso decidiamo di guardare un film.

p) Finalmente inizia a interessarsi anche alle fiabe lette, e non solo a quelle raccontate e alle canzoni, prima di fare la nanna. Ciò facilita un po' le cose.

q) Sa comporre un puzzle! Ha iniziato con quelli da sei pezzi, e ora riesce a farne uno da venti tutto da solo.

r) Fa la cacca e la pipì nel vasino, quindi ora tiene il pannolino solo di notte. Certo, per ora siamo noi a ricordarci di fargliela fare, e solo raramente è lui a chiedere di andare in bagno... quindi qualche volta se le fa ancora addosso. Però diciamo che ha capito il meccanismo.

s) Abbiamo scoperto che, oltre all'acaro della polvere, è allergico alle noci. Se per caso ne mangia un solo pezzetto, gli viene tutto uno sfogo intorno alla bocca.

t) è affezionatissimo ai suoi fantastici genitori.

u) ancora non ama molto i bambini più piccoli di lui, che guarda con diffidenza, ma quelli appena un po' più grandi (dai tre anni in su) li adora.

v) è socievole, ma inizialmente abbastanza timido e orso (come il papà)

z) pronuncia divertito alcune espressioni in piemontese come (traslittero un po' a caso): "sati torna si?!" (sei di nuovo qui?!), "piant'la lì" (smettila), "bòia 'sasin"(boia assassino) e "pisacol" (pisciasotto).

sabato, dicembre 12, 2009

ultima chance

Dicono che nevicherà. Ho qualche dubbio.

Se c'è una cosa che non amo, è quando la fine di qualcosa si protrae in una sorta di limbo indefinito e stiracchiato, prima di giungere, sfinita, all'inevitabile spegnimento. Non voglio che ciò accada a questo blog, per cui ho deciso: gli concedo un'ultima possibilità in onore dei vecchi fasti e, se neanche questa volta funziona, lo chiudo (o quantomeno lo congelo) definitivamente. Insomma, non mi va di vederlo agonizzare nell'etere così. Piuttosto, preferisco stringergli la mano e salutarlo definitivamente.

In una certa misura, avevo i miei buoni motivi per assentarmi da questo spazio, ma in buona parte si è trattato di pigrizia e di mancanza di idee... una specie di blocco, direi, nonostante le cose da scrivere non mancassero. Ora però ho deciso di riprovarci e recuperare il tempo perduto. Dalla prossima settimana intendo quindi scrivere un post per ciascuno degli argomenti che ricorrevano con maggiore frequenza in questo blog: Pietro, la musica, la politica, i ricordi, il cinema, i libri, la radio... e poi vedremo.
Intanto iniziamo a riscaldare i motori. Poi si vedrà.

sabato, ottobre 24, 2009

dialogo tra padre e figlio

Sole, cielo azzurro e foglie secche.

Giacomo: "Le bacche... le mangiano gli uccelli"
Pietro: "E il cucciolo di lagno mangia gl'insetti"
Giacomo: "Bravo... e Pepe cosa mangia?
Pietro: "Pesce cludo".

martedì, settembre 22, 2009

indecisione

Gli ultimi raggi caldi?

Sono indeciso su quale sia il migliore tra i seguenti neologismi (o quasi) inventati da Pietro:

1) Tapana (=Fantasma)
2) Giapu (=Giacomo)
3) Palipelosi (=Palmipedoni)

p.s.: Per chi non lo sapesse, i palmipedoni sono quegli esserini buffi che compaiono in Alice nel paese delle meraviglie.

giovedì, settembre 17, 2009

gemma

L'aria ha già un altro odore, le vespe iniziano a morire sulla strada, i trattori si caricano d'uva. Finalmente Agosto se ne è andato.

Ho deciso di riaprire il blog, senza troppi impegni. Quando mi viene da scrivere qualcosa, insomma.
Un mese fa, prima di tornare a casa, ho pensato di andare a trovare mia nonna Gemma che era a letto con la febbre alta da qualche giorno. Era lì coricata sul letto ed emetteva piccoli gemiti. Aveva gli occhi chiusi, era priva di conoscenza. Il giorno dopo alle otto e mezza è squillato il telefono, e ho subito capito che era morta. Il 18 agosto, stesso giorno di Fernanda Pivano. Ho preso la bici e sono volato a casa sua. La sua pelle era ancora calda, il volto sereno. Se ne era andata verso le otto, e prima di andarsene le era scesa una lacrima.

Avevo parlato dei miei nonni agli albori di questo blog, circa tre anni fa, e da allora di cose ne erano cambiate parecchie. In questo arco di tempo così stranamente breve, più precisamente a partire da un paio d'anni fa, mia nonna era piano piano scivolata in un mondo tutto suo, una specie di collage di ricordi di gioventù che mal si adattava alla cornice del presente. Questa incongruenza la faceva soffrire, si vedeva. Giorno dopo giorno, il suo sguardo si è fatto più assente, e il suo corpo più immobile. Gli sprazzi di coscienza si facevano via via più rari, e il suo è stato un lento e triste saluto.
Quando ero piccolo ho passato un sacco di bei pomeriggi, insieme ai miei nonnni. Mia nonna era una persona molto simpatica e avevamo un rapporto particolare. Quando ci salutavamo facevano uno strano verso stupido che non saprei descrivere, ma che avevamo mantenuto anche negli ultimi anni. Ricordo le sue bistecche impanate con le patatine, la sua minestrina, il budino al cioccolato o le pesche sciroppate nei ciotolini di vetro verde. Ricordo che pasticciava la faccia di Berlusconi sui giornali perché non lo poteva vedere. Ricordo gli accendini esauriti che teneva nel cassetto in una scatola... da piccolo ci giocavo un sacco. Ricordo che raccontava sempre che al posto di "peperoni" da piccolo dicevo "pepeluni", e infatti lei li chiamava così (o forse si trattava di mio fratello, chissà). Il terrazzo con le piante. I puntuali battibecchi con mio nonno e le sue battute pungenti. Le sere d'estate di tanti anni fa passate a guardare "Una rotonda sul mare".




lunedì, agosto 10, 2009

vacanza, ma solo dal blog

Ho la tapparella giù, ma mi sembra che il cielo sia un po' grigio.

Eh già, è più di un mese che non scrivo su questo blog. E il bello è che poco prima di interrompere le comunicazioni mi ero impegnato a garantire tre post alla settimana. Delle cose da scrivere effittivamente ci sarebbero, ma non ho testa di scriverle. Il fatto è che ultimamente ho la mente troppo impegnata altrove, e concentrata su scritture che mi richiedono un sacco di energie. Perciò credo che mi prenderò una vacanza da Strange Weather (beh, sì, tecnicamente me la sono già presa)... di sicuro per tutto agosto, ma più probabilmente ancora per tutto settembre. Poi magari il post ci scappa lo stesso, quindi non dimenticatevi di questo blog. E alle prime foglie ingiallite, pensate a quale sarebbe il mio commento sul tempo, e tornate qui a dare un'occhiata.

giovedì, luglio 09, 2009

due

Dov'è andata l'afa?

Oggi è il compleanno di Pietro. Ebbene sì, il nostro pupattolo compie già due anni. Mentre inizio a scrivere questo post sono le 18:25, il che significa che, esattamente due anni fa, quel cosino piccolo piccolo era praticiamente in dirittura d'arrivo (è nato alle 19:06), dopo una lunga, lunghissima giornata. In questi due anni non abbiamo fatto altro che chiederci: "come sarà quando xxx?" (sostituite "xxx" con cose tipo "camminerà", "mangerà", "avrà i denti", "parlerà", "dormirà nella sua stanza", ecc ecc). Ed eccoci arrivati. Pietro cammina, mangia per conto suo, ha un po' di denti, dorme nella sua stanza (è stata dura e faticosa ma ce l'abbiamo fatta dolcemente prendendoci i nostri tempi, in barba a Estivill e ai suoi metodi per forgiare i bambini col gognometro)... e, soprattutto, parla (anche se quasi solo a parole singole - ma ne dice proprio un sacco). Ormai è proprio un bimbo. E io ci penso, penso che ho un bimbo di due anni, e non mi sembra mica vero, mi sembra di essere capitato nella storia di qualcun altro. E invece no, eccolo lì, il mio bimbo meraviglioso, simpatico, dolcissimo, caparbio e vagamente isterico, con i suoi occhi azzurri e il suo ciuffo bianco, unico e insostituibile oggetto del 99% delle nostre azioni e del nostro affetto.
Io non mi ricordo mica più com'era prima.

lunedì, luglio 06, 2009

black riders, ovvero il bello di essere adolescenti e stare su un palco

Afa e asfalto bagnato del giorno prima.

L'estate è iniziata, e con essa fioccano le varie sagre di paese nei dintorni. Ora che Pietro è più grandicello, sarebbe un peccato non approfittare di questo periodo vivace, dopo il lungo e noioso letargo invernale. Così negli ultimi giorni abbiamo messo il becco fuori di casa un po' più spesso di quanto facciamo di solito e siamo andati qua e là, quando non avevamo voglia di stare in casa. E come spesso capita nelle sagre di paese, abbiamo visto qualche concerto di gruppetti locali, spesso composti da liceali o poco più (come età, intendo).
A questo punto entra in scena la nostalgia, e mi viene da ripensare ai Black Riders (nome un po' tamarro, è vero, ma ispirato pur sempre a un album di Tom Waits), il gruppo che fondammo io e due miei compagni di classe tra il terzo e il quarto anno di liceo (ovvero tra il 1995 e il 1996, se la memoria non mi inganna). Io cantavo, Cubo suonava il basso, Mais la tastiera. La formazione si completò poi con Stefano e Diego alle chitarre, e Camma alla batteria. Ho un ricordo piuttosto vivido soprattutto delle prime maldestre prove nella sala-prove di Canale, situata nelle ex-scuole vecchie di Canale. Ricordo qualche ceres rossa così per sciogliersi, i fogli con i testi sparpagliati nel mio solito zaino, una valanga di sogni e ambizioni.
A pensarci ora, era evidente che non fossimo fatti per durare. Avevamo gusti musicali abbastanza diversi e diversi modi di intendere lo stile del gruppo, per cui si andò lentamente ma inevitabilmente incontro alla formazione di correnti interne che minarono un po' la solidità del gruppo. Il debutto all'"Happening" del liceo fu abbastanza orrendo, anche se divertente... se ricordo bene suonammo solo tre pezzi: il classico blues Crossroads di Robert Johnson (ma credo nella versione di Eric Clapton, visto che Stefano, il chitarrista, era un claptoniano convinto), Whole lotta love dei Led Zeppelin, e infine un pezzo strumentale ripetitivo in cui addirittura mi azzardai a suonare il quartino (con che coraggio non lo so... aaah... il bello dell'adolescenza). Io probabilmente sbagliai tutti i tempi, perché mancavo e manco tuttora del benché minimo senso del ritmo, ma i concerti successivi andarono meglio. Canale, Neive e Castagnito sono quelli che mi ricordo meglio e che mi sono rimasti più impressi. Con il tempo inziavo a cantare meglio e a divertirmi sempre di più sul palco, e a mio modo davo spettacolo. Gran parte dei pezzi che suonavamo erano degli stra-stra-stra-classici... Cocaine, Comfortably numb, Smoke on the water, Have you ever seen the rain. Personalmente, però, l'idea di cantare dei pezzi che suonavano già altri diecimila gruppi non mi andava molto. Allora io amavo Nick Cave, Tom Waits, P.J. Harvey... cose non proprio di nicchia, però già un po' meno classiche, per una cover band. In realtà amavo molte cose in quel periodo... dalla world music di Peter Gabriel alla scena alternativa italiana, che proprio in quegli anni conobbe una breve stagione fiorente, per quanto, in alcuni casi, un po' sopravvalutata (da me per primo). Insomma, io conoscevo due o tre cose e già mi credevo un esperto di musica, e questa mia ingenua presunzione suscitava in me ambizioni che stridevano, tanto per fare un esempio, con quelle di Stefano, che invece era il tipico chitarrista blues-rock, bravissimo ma un po' fissato sui suoi generi (e sui suoi assoli). Col senno di poi, potevamo prendercela più rilassatamente e goderci più a lungo possibile la fantastica ebrezza di salire sul palco, invece di finire come una brutta copia dei Commitments. Facemmo in tempo a scrivere una canzone nostra (con un mio orripilante testo simil-maudit), prima di naufragare definitivamente sulla soglia dei diciott'anni.
Oggi, a trentun anni, guardo questi gruppetti così simili a noi e mi chiedo quanto dureranno, prima di montarsi la testa ed essere smembrati da divergenze di gusti, incomprensioni, presunzioni, impegni, mancanza di tempo e di voglia. Però mentre sono lì sul palco li invidio un po'.
Per quanto fossimo ridicoli, gasati, ingenui e cronicamente adolescenti, lo rifarei in ogni mia vita successiva.

giovedì, luglio 02, 2009

tutta colpa di berlusconi e del papa

Proprio un signor temporale, quello di ieri...

Torno dal mare e trovo le mie patate (le piante, intendo) invase dalle dorifere.
Quegli stupidi insetti col pigiama non hanno alcun ritegno. Stanno sempre lì a imboscarsi tra le foglie, dico io. E poi credevo che l'accoppiamento si limitasse a un determinato periodo, e già cantavo vittoria, dopo aver fatto manualmente strage delle loro uova, qualche tempo fa.
E invece no... ogni volta che vado nell'orto, ne trovo qualcuna in atteggiamenti intimi ("rapporti piccanti", direbbe Berlusconi - ecco come si riflette il suo cattivo esempio sulla società, tra l'altro... maledetto).
Io non è che voglia fare il moralista... ma cavoli, usate almeno delle precauzioni, invece di continuare a sfornare una dietro l'altra quelle orrende e voraci larve-rosa salmone!
Ah beh, tanto c'è il sottoscritto che le mantiene, direte voi...

martedì, giugno 30, 2009

elegante sepolcro

Si preannuncia un'altra giornata afosa.

Di già che eravamo al mare, abbiamo fatto un salto a Genova. E di già che eravamo a Genova, abbiamo fatto un salto alla mostra su De André.
Qualcuno me ne aveva parlato bene, qualcuno male. Dipende se uno ci trova quel che ci voleva trovare, oppure no... e io francamente non sapevo bene cos'è che cercavo. Col senno di poi però ho capito cosa avrei voluto da una mostra sul mio cantautore preferito di sempre... e direi che non l'ho trovato.
Andiamo per esclusione. I cimeli non mi interessano un granché. Ok che adoro Faber, ma vedere la sua giacca o la sua chitarra mi lascia abbastanza freddo. Per quanto riguarda gli appunti, le pagelle, le lettere di Natale di quand'era bambino... sì, possono stuzzicare una certa curiosità feticista... però, alla fine della fiera, sono cose che può essere carino serbare in un libro, ma chi ha voglia di mettersi lì a spulciarle in piedi nella penombra della sala? Io no... quindi niente. I video dei tarocchi erano piuttosto kitsch, e il giochino multimediale una menata. Poi c'era la storia dei vinili che mettevi su un tavolo e ti comparivano i commenti video di chi ci aveva lavorato, ecc... questo era già molto più interessante, e si avvicinava a quel che cercavo io in questa mostra, però uno non è che può mettersi a fare avanti e indietro attorno a un tavolo e guardarseli tutti (oltretutto l'audio era un po' confuso), mentre gli altri dietro ti mettono il fiato sul collo. Idem per la storia delle foto trasparenti. Resta infine il video con le interviste e gli speciali TV... ne abbiamo visto un bel pezzo, approfittando del fatto che Pietro dormiva nel suo passeggino, al fresco in un angolo della sala proiezioni, tranquillo e beato. Questa era di gran lunga la cosa più interessante, anche se credo la si possa trovare anche in un DVD che ho adocchiato nel negozietto all'inizio della mostra.
In conclusione, a me interessavano più che altro le testimonianze, i resoconti dello stesso Fabrizio e di chi altro c'era, di chi ha partecipato alla genesi degli album, di chi ha ispirato le canzoni. Tutte cose che forse è meglio cercare nei libri, nei video, e negli stessi CD, e non in una mostra un po' fighetta.
Di sicuro ho visto più De André camminando per le viuzze forse un po' laide ma piene di vita che da Piazza Principe scendono al porto vecchio, che non in quell'elegante e freddo sepolcro.

sabato, giugno 27, 2009

supplizio

Sporadici tuoni, sporadiche cannonate.

L'altro ieri sono andato a farmi togliere il neo di cui avevo già parlato qualche tempo fa. L'operazione in sé è stata breve e indolore, ma purtroppo ho dovuto aspettare tre ore sul pianerottolo dell'ospedale perché nel primo pomeriggio c'era stata una lunga operazione urgente che aveva fatto slittare tutte le altre. Ho maledetto me stesso per non essermi portato qualcosa da leggere, ma fortunatamente avevo dietro l'iPod. Ciò non mi ha tuttavia risparmiato completamente dal supplizio delle stronzate e dei luoghi comuni sparati dagli altri pazienti innervositi dall'attesa. Eccone un piccolissimo campionario:

"Eh, ma qui mica siamo in America!"

"Ah, ma se gli mandassimo Striscia, vedi che casino che fanno qui dentro!"

"È tutto in mano agli ebrei".

Fortunatamente, il tizio che ha imprecato tra i denti contro l'infermiera invitandola a darsi una mossa è passato prima di me. L'idea che mettesse fretta al medico mentre ero sotto i ferri non mi garbava un granché.

giovedì, giugno 25, 2009

genio

Più afa rispetto al mare.

L'altra sera ho finito di leggere Delitto e castigo. Romanzo straordinariamente bello, e non c'è certo bisogno che arrivi io da Canale, a dirlo. Francamente non pensavo che mi rapisse così tanto, ma soprattutto non mi aspettavo di trovarvi un intermezzo comico-surreale, per quanto il suo artefice non sia certo Dostoevskij.

Mi spiego:
Arrivato a pagina 634 dell'edizione uscita con Repubblica qualche anno fa, il celebre romanziere russo scrive:

Svidrigàjlov la conosceva, quella bambina; quella bara non aveva né un'immagine, né candele accese e non si sentivano preghiere. Quella bambina era una suicida, un'annegata.

Di per sé, fa tutto meno che ridere. Però la frase termina con una nota, in particolare la nota n.43.
Io non è che di solito mi metta a leggere tutte le note in un romanzo, però questa era a piè di pagina, quindi saltava abbastanza all'occhio per la sua brevità e perché in essa c'era evidentemente qualcosa che non andava.
La nota diceva:

oioioiioioioioi?????????????

Ora, io non so chi sia il genio che ce l'ha messa, ma vorrei tanto conoscerlo e stringergli la mano.

venerdì, giugno 19, 2009

ken tanaka loves you

Post programmato... dite voi che tempo fa!

Qualche tempo fa, sono capitato per caso nei video che vedete qui sotto. Li ho guardati e mi hanno fatto ridere. Francamente non so se possano avere lo stesso effetto su qualcuno che non ha studiato giapponese, non è stato in Giappone o non conosce dei giapponesi. E mi chiedo inoltre se un giapponese li trovi simpatici o invece si possa offendere. Cercando su Youtube, ho visto che c'erano un sacco di video dello stesso tizio, tale Ken Tanaka... una specie di incarnazione di un personaggio di Andy Kaufman. Ne ho guardato qualcuno... alcuni erano interessanti, spesso divertenti. Nel primo video, Ken Tanaka racconta la sua storia, e ci dice che è di origini americane ma è stato adottato da piccolo da una coppia giapponese, per cui è un giapponese a tutti gli effetti, tranne che per l'aspetto. L'obiettivo dei suoi video, che si svolgono tra America e Giappone, sarebbe proprio la ricerca dei suoi veri genitori. Io, che sono notoriamente un boccalone, ovviamente in un primo tempo ci ho creduto nononstante l'assurdità delle premesse (anzi, forse proprio perché era fin troppo assurdo per essere falso), e romanticamente mi sono lasciato coinvolgere dalla storia. Del resto, il finto accento con cui Ken parla inglese è davvero molto molto simile a quello di un giapponese medio che parli inglese. Alla fine però ho scoperto la sua vera identità... si tratta di tale David Ury, un americano che si è trasferito in Giappone, dove ha anche lavorato nel mondo della televisione. Una volta rotto l'incantesimo, devo dire che il mio interesse è scemato, per quanto questa surreale operazione sia tutto sommato piuttosto divertente, pur trattandosi soltanto di una presa in giro con alcuni debiti verso Kaufman.

Ad ogni modo, ecco il suo video di risposta per tutti quelli che sostengono che Ken Tanaka sia in realtà David Ury. :)



lunedì, giugno 15, 2009

hikaru

Post programmato... ditemi voi che tempo fa.

In ormai quasi tre anni di blog, ho scritto pochissimo a proposito del mio lavoro. Francamente nemmeno a voce ne parlo più di tanto, perché non so a quanti conoscenti e amici possa interessare (salvo gli appassionati di manga, ovviamente... e in definitiva non ne conosco poi molti). Per questa volta, però, farò uno strappo alla regola.
La settimana scorsa ho terminato una serie che avevo iniziato circa quattro anni fa, forse la serie a cui mi sono maggiormente affezionato nel corso degli anni. Non saprei dire se è il manga migliore che io abbia mai tradotto, ma di certo fa parte della rosa dei miei cinque preferiti ed è quello su cui è stato più bello lavorare.
Il nome di questo manga è Hikaru no go. L'autrice dei testi è Yumi Hotta, mentre i disegni sono di Takeshi Obata (famoso per aver disegnato l'assai più celebre Death Note).
Hikaru no go (letteralmente "Il go di Hikaru") è uno shonen manga tutto incentrato sul go, un antico gioco da tavolo, ed è sostanzialmente una storia di formazione che si svolge nell'arco di ventitré volumi, nel corso dei quali il protagonista cresce poco alla volta (all'inizio della storia frequenta la sesta elementare, mentre alla fine ha ormai quindici anni) e matura di conseguenza, esperienza dopo esperienza. Hikaru, questo è il suo nome, è un ragazzino vispo, impulsivo, non troppo studioso e senza peli sulla lingua... ovvero, almeno in apparenza, quanto di più lontano dal mondo del go, un gioco che necessita concentrazione, riflessione e dedizione. L'incontro tra due universi così distanti avviene grazie a Sai, lo spirito di un maestro di go dell'epoca Heian precedentemente incarnatosi in Shusaku Honinbo, giocatore realmente esistito vissuto in epoca Tokugawa. Dopo aver vissuto per oltre cento anni in un goban (la tavola su cui si gioca a go) che Hikaru trova nella soffitta di suo nonno, Sai si risveglia impossessandosi del ragazzo.
Le premesse forse non invogliano alla lettura: un gioco ai più sconosciuto e incomprensibile, un ragazzino per protagonista come in una valanga di altri manga giapponesi, un meccanismo, quello dell'apparizione del fantasma, all'apparenza un po' forzato.
E invece questo fumetto riserva delle sorprese.
Perché Hikaru no go è un manga bellissimo, capace di andare molto più in profondità di quanto si possa intravedere in superficie. Ciò è merito soprattutto delle capacità di scrittura dell'autrice, che riesce a tratteggiare con grazia unica i personaggi modellandoli poco a poco attraverso l'intreccio, il tutto con sublime scorrevolezza (e vi assicuro che per un traduttore è un'autentica gioia). Hotta mescola con maestria la vibrante tensione delle partite all'umorismo dei siparietti che si aprono tra Hikaru e Sai, entrambi personaggi adorabili ai quali ci si affeziona presto. Ma è soprattutto la capacità d'introspezione dell'autrice a fare la bellezza di questo manga, la sua abilità nel dirci cose sui personaggi, anche su personaggi minori o di contorno, senza dircelo o mostrarcelo. In particolare ho amato il modo in cui sono espressi i sentimenti delle persone che circondano Hikaru: quelli della madre, incredula della crescente passione del figlio per un gioco che lei non capisce, e poco considerata dal figlio, tutto preso dalla sua passione e ritratto in un periodo della vita, l'adolescenza, in cui lo spazio dedicato alle madri si riduce bruscamente; quelli di Akari, la compagna di classe e amica d'infanzia che evidentemente prova un sentimento per Hikaru che questi non riesce a vedere e comprendere, anche se tutto ciò non ci viene mai descritto, mostrato, espresso esplicitamente; quelli di tutti gli amici e compagni di gioco che Hikaru si lascia dietro, man mano che la sua abilità cresce; quelli di Sai, il cui ardente desiderio di giocare a go viene spesso frustrato dall'egoismo di Hikaru (e solo quando tale desiderio verrà appagato, il ragazzo si renderà conto di quanto Sai sia importante per lui). La bellezza del go e le migliori qualità del protagonista ci vengono così mostrate insieme all'altra faccia della medaglia, ovvero tutto ciò a cui si rinuncia, quando ci si dona con passione a qualcosa.
Il lettore può benissimo non capire nulla del gioco, per quanto l'intreccio si basi rigorosamente su di esso. Io stesso, dopo averne tradotto ventitré volumi, non ho ancora capito un granché del go, eppure mi sono emozionato tantissimo, leggendo e rileggendo questo manga. Il merito va anche ai disegni di Obata, che crescono in eleganza di pari passo con la crescita di Hikaru (tanto che il primo e l'ultimo numero sembrano quasi disegnati da due persone diverse). Insomma, veramente un fumetto ben fatto, capace di non scadere mai nel banale sia nello svolgimento dell'intreccio, sia nella sua raffigurazione, sia nella caratterizzazione dei personaggi, che ci appaiono perfettamente umani e plausibili. Sebbene gran parte dell'opera si basi sulla rivalità tra Hikaru e il coetaneo Akira, tale rivalità non prende mai le forme di uno scontato manicheismo, ma si trasforma con naturalezza in rispettosa amicizia col passare del tempo, com'è ovvio che sia per due ragazzi che si conoscono da anni e condividono una passione. Non è quindi una rivalità destinata ad approdare a un risultato, ma a creare un rapporto dinamico e duraturo che non si limita a trovare una soluzione nell'esito di una partita o di un torneo.
Insomma, più che un manga su un gioco da tavolo è un manga sulle persone, sulla vita, sulle relazioni, sulle scelte, sulla crescita. E di tutti questi aspetti, Hikaru no go riesce a cogliere un'universalità che lo fa andare molto oltre i cliché del manga per ragazzi.
Ve lo consiglio di cuore.

venerdì, giugno 12, 2009

you're the measure of my dreams

Lo stesso caldo di cinque anni fa.

Cinque anni fa, a quest'ora, mi stavo preparando per il mio matrimonio. Non ricordo un granché di quel che feci prima che i miei mi portassero a Mombirone. Poi lì tanti amici, tante persone a cui volevo e voglio bene. Silvia che arriva bellissima nella sua semplicità, com'è sempre piaciuta a me. L'ingresso in chiesa sotto le note di Love me do (thanks Gemme & C.). Quel caldo mostruoso. Il mio completo gessato marrone che ho voluto così perché mi ricordava Robert Redford ne La stangata. Almeno, io me lo ricordavo così. Da piccolo l'avevo visto tante volte, ma non so se davvero portasse quel completo. Poi duecento ore sul piazzale rovente di Mombirone, a posare per ogni singolo invitato, perché non avevamo chiamato nessun fotografo ufficiale, né volevamo registi di matrimoni. I girasoli. Le bomboniere, che avevamo disegnato a mano una diversa dall'altra, nei (pochi) ritagli di tempo. E la festa, che bella la festa. Il mega-pacco ikea dei miei ex-compagni di classe. Ivan già ubriaco agli antipasti che camminava sul tavolo. Io che squarcio la torta in due come un samurai, senza sapere che il taglio della torta in realtà non si fa, che è solo una finta per la foto. Vaga che si prende una sberla da Zia Enza. Rambo in vestimenta che si addormenta sul cartone come un barbone. I Mishkalé. E poi la festa all'Ozio fino alle otto di mattina con gli ultimi amici. Le foto come i quadri. La caipirinha alla fragola con cui sempre Rambo s'era scritto LOVE sulla canotta. Poi il mattino che sorge, la sensazione strana di dormire per la prima volta in Piazza Marconi.
Sembrano passati centomila anni. Avevamo ventisei e ventiquattro anni, ma a riguardarci ora sembravamo dei ragazzini. Che bello, però.

lunedì, giugno 01, 2009

il crepuscolo degli edifici scolastici

Siamo tornati un po' indietro.

Ieri sera mi è venuta in mente un cosa.
Io ho frequentato l'asilo dalle suore, anche perché credo che al tempo non ci fosse lo statale, a Canale. L'asilo si trovava nel vecchio palazzo che ora ospita la prestigiosa Enoteca del Roero, e pochi anni più tardi fu spostato in un edificio dall'aspetto assai più moderno.
Per quanto riguarda le scuole medie, non le ho fatte nell'edificio principale in cui avevo già frequentato le elementari, e in cui si trovavano le sezioni A e B (e forse parte della C). No, io andavo alle cosiddette "scuole vecchie", un palazzo molto più vissuto adiacente al Comune. Poco tempo dopo, o forse proprio l'anno in cui passai alle superiori, anche la mia sezione, la D, fu spostata nelle "scuole nuove", e il vecchio edificio ha poi assunto nel tempo funzioni assai diverse (ora ci torno quando si vota, in quanto il mio seggio si trova proprio nella classe in cui frequentai la terza).
Poi ho pensato che anche al Liceo ho vissuto una situazione simile. Ho frequentato la prima, la terza e la quarta in Località Serre, un edificio un po' decrepito ma magnificamente immerso nel verde. Poi la seconda in un (credo) ex-carcere di Alba, all'inizio di C.so Piave. Infine, la quinta l'ho fatta in centro, perché ci siamo scambiati la sede con l'Artistico. Ora l'edificio di Località Serre è stato abbattuto, credo, o comunque è abbandonato e fatiscente (siamo andati a fare una capatina un paio d'anni fa con qualche ex compagno di classe, in occasione del matrimonio di Rambo... e ci è parso tetro e desolante). L'ex-carcere non so cosa sia ora, mentre l'istituto in centro è tornato all'Artistico.
Per finire, ho pensato che in effetti anche all'Università è andata più o meno in maniera simile. Durante i miei primi (credo) tre anni di Università, il Dipartimento di Orientalistica era situato sul retro di Palazzo Nuovo, un corridoio a cui si accedeva da una porticina circondata da perenni impalcature e lavori in corso. Il marciapiede e quel po' di aiuola che si stendevano lì davanti svolgevano contemporaneamente la funzione di cesso di tutti i cani di Torino. Nell'ultimo anno, però, pure il Dipartimento è stato spostato in un luogo migliore, e ora non so cosa ci sia in quel luogo deprimente e quasi privo di finestre.

Com'è che, elementari a parte, mi sono trovato a studiare sempre in posti la cui parabola vitale era ormai giunta al crepuscolo?
È un segnale che mi dice che sono nato in anticipo? Porto sfiga ai luoghi in cui passo? Oppure c'è dietro qualche altro significato nascosto?

venerdì, maggio 22, 2009

compro/vendo

Maggio è o non è il mese più bello dell'anno?

Questo post contiene qualche considerazione musicale e un annuncio.
Un paio di settimane fa ho comprato in edicola il singolo de Il pescatore + Una storia sbagliata, uscito insieme al DVD di uno degli ultimi concerti di De André. Pietro, che ama canzoni come Bocca di rosa, Il pescatore, Volta la carta e Geordie, ha apprezzato, e la cosa mi fa ovviamente piacere. Questa settimana, invece, ho preso l'ultima uscita della medesima serie pubblicata da Repubblica ed Espresso, ovvero il doppio cd del concerto con la PFM. Non so bene perché, ma ho sempre snobbato quel concerto, e difatti era una delle poche cose di De André che ancora mi mancavano. Sarà perché, dopo una breve fase di entusiasmo liceale per il rock progressive, la mia passione per quel genere, a cui la PFM appartiene, si è presto arenata, limitandosi giusto giusto ai primi album dei Genesis. Sarà perché sono maggiormente abituato a comprare gli album in studio, rispetto ai concerti. O sarà forse perché sono sempre stato affezionato alle versioni originali di certe canzoni di De André, vale a dire quelle contenute nei vinili di mio padre che ascoltavo da piccolo, per cui ero un po' diffidente verso certi riarrangiamenti. Ma col tempo le persone cambiano, e così come una volta il mio amore per Faber si limitava ai primi album (quelli più influenzati da Brassens, per intenderci) mentre ora è arrivato a includere il meno immediato De André delle canzoni in dialetto e quello delle collaborazioni con De Gregori, Bubola e Fossati, così l'ascolto di un autore tanto profondo riserva sempre nuove sorprese, che aspettano solo il momento giusto per essere colte. Ed ecco che, mentre mi ascoltavo il CD in auto immerso nel caldo odore del maggio, mi sono accorto che la versione live de Il giudice non è soltanto bella... è portentosa.

Ma veniamo all'annuncio... ecco, devo dire che quest'edizione dell'opera completa di De André uscita in edicola mi piace proprio... ok, non ci sono i testi (pubblicati a parte in un libro), e questo può essere una seccatura per quanto riguarda gli album cantati in dialetto, però insomma, la copertina cartonata, gli interventi pubblicati nei libretti allegati... alla fine della fiera, per me sono molto meglio dei CD originali. Quindi sto valutando se ordinare anche il resto della serie... e a questo punto mi chiedo: nell'eventualità, a qualcuno interessano i CD originali? Li vendo a metà del prezzo che li ho pagati io (o meno se trovo qualche riga, ecc...)... vale a dire intorno ai 5 euro l'uno. Gli unici che penso di tenermi sono Creuza de ma, Le nuvole e Anime salve, perché di quelli voglio avere i libretti con i testi. Se la cosa interessa a qualcuno... che si faccia avanti!

mercoledì, maggio 20, 2009

metafisica dei nei

...Ed è l'ora dei pantaloni estivi!

Qualche tempo fa sono andato dal medico perché avevo una macchia sotto la scapola. Lui mi ha detto che non era niente. Già che c'ero gli ho mostrato un neo enorme e sporgente che ho sulla schiena, una specie di piccolo tortino al cioccolato, ma non così invitante. Il medico mi ha suggerito di farlo vedere a un dermatologo. Ieri sono andato dal dermatologo che mi ha detto che quello lì non rappresenta un problema, però ce n'è un altro che... e così mi ha disegnato con la biro due frecce sul dorso, in corrispondenza di un piccolo neo un po' sfumato che devo andare a farmi rimuovere domani. Ora mi chiedo: a sua volta, il chirurgo mi dirà che anche quel neo lì non è niente di grave, e magari mi asporterà invece... che so, un orecchio? Tremo all'idea.
Fatto sta che il dermatologo mi ha detto che ne ho proprio tanti, di nei. È vero. Ho sempre sospettato che siano tutti segnati da numeri invisibili, e che se li unissi ne risulterebbe il disegno della mia anima, o magari il segreto dell'universo. Devo solo scoprire com'è la numerazione.

p.s.: Ho come l'impressione di aver già scritto l'ultima parte in passato, visto che è una cosa che mi frulla in testa da una vita. Ma se non me ne ricordo io, immagino che nemmeno voi... in caso contrario, scusate per la minestra riscaldata.

lunedì, maggio 18, 2009

fossato

Risuonano i cannoni che sparano alle nuvole.

Un paio di settimane fa, mentre mi occupavo del mio orto, il tizio che ha la vigna proprio lì di fronte ha attaccato bottone. Io, come mio solito, non sono stato di molte parole, ma abbiamo comunque fatto due chiacchiere su come le precipitazioni di quest'anno abbiano allargato considerevolmente il fossato che divide i rispettivi terreni, facendo crollare le rive e mangiando terra a entrambi. A un certo punto lui ha detto una frase in piemontese, poi ha esitato un secondo e me l'ha ripetuta in italiano, temendo forse che non lo capissi. Ci sono rimasto un po' male. Voglio dire, io il piemontese non lo parlo ma ovviamente lo capisco benissimo. A casa mia i miei l'hanno sempre parlato anche con me e i miei fratelli, però, non so perché, dal canto nostro non è che lo parliamo un granché, salvo qualche espressione ricorrente che insomma, viene meglio così. A me un po' manca questa cosa, perché ci sono dei contesti in cui parlare italiano ti rende più distante, più distaccato, specie se l'interlocutore ti parla invece in dialetto. Non so, ma vivo questa cosa con un senso di perdita.
Del resto io non sono uno che si lancia... se non so di poter fare una cosa più che bene, preferisco non farla piuttosto che sembrare innaturale ed esibire la mia goffaggine, specialmente quando la goffaggine non è giustificata, visto che sono piemontese al 100%.
Quindi parlo italiano e resto dall'altra parte del fossato.

mercoledì, maggio 13, 2009

patipipuppi

Ieri ho mangiato un melone: è estate.

Una cosa che mi ha sempre incuriosito è sapere come suona all'orecchio degli stranieri la lingua italiana, e soprattutto come essi la riprodurrebbero, se dovessero imitarla a orecchio. Insomma, quali sono i tratti distintivi della nostra lingua che saltano all'orecchio di qualcuno che parla un'altra lingua, così come noi cogliamo alcuni tratti delle lingue più "conosciute" (mi vengono in mente ad esempio l'inglese britannico o americano, il francese, il tedesco, lo spagnolo, il cinese, l'arabo, il giapponese, le lingue africane o quelle nordiche) e "sappiamo" farne un'imitazione in base ad alcuni elementi ricorrenti o alcuni stereotipi culturali di vecchia data. Immagino poi che la cosa vari da ascoltatore ad ascoltare: un francese coglierà alcuni tratti caratteristici dell'italiano, ma immagino che un cinese ne noterà altri. E anche se cogliessero gli stessi tratti, poi immagino che li riprodurrebbero diversamente a seconda degli strumenti forniti loro dalle rispettive lingue. Ricordo che una volta, a Osaka, chiesi a una mia compagna di classe, una nippo-americana, di provare a farmi un'imitazione di come parla un italiano, ma probabilmente la cosa la imbarazzava e quindi il risultato non fu soddisfacente. Tra l'altro lei non sentiva assolutamente il mio accento italiano quando parlavo giapponese, mentre lo sentiva quando parlavo inglese.
Tutto questo mi è venuto in mente qualche mattina fa guardando questo video, in cui il mio personale enigma viene in parte svelato da Peter Griffin, che evidenzia tra l'altro uno stereotipo su noi italiani che a molti di noi farebbe abbastanza strano... vale a dire, che di norma gli italiani portino i baffi. Vatti a fidare degli stereotipi...

lunedì, maggio 11, 2009

un concerto come piace a me

Il sole scalda finalmente la terra.

Sebbene io sia un appassionato di rock e derivati, non vado poi così spesso ai concerti, specialmente negli ultimi anni. Cerco però di vedere almeno una volta nella vita quei pochi miti personali, i pilastri sui quali poggia il mio amore per la musica, coloro che in una certa fase della mia vita hanno rappresentato, o ancora rappresentano, dei punti fermi da amare e ammirare incondizionatamente (o quasi). Ho visto Nick Cave, Shane MacGowan, P.J. Harvey (che ora non ascolto così tanto, ma quando facevo il liceo era in assoluto la mia cantante preferita), Bjork, Roger Waters, Micah P. Hinson, Cat Power, i Cure, i R.E.M., Peter Gabriel, Vinicio Capossela, i Baustelle, Tricky, gli Einsturzende Neubauten... e sicuramente qualcun altro che ora non ricordo. Come vedete non sono poi tanti, spalmati nell'arco di un quindicennio, e mancano alcuni nomi illustri... tipo Tom Waits, che viene in Italia ogni mille anni, Bob Dylan, i Radiohead, Sufjan Stevens, Beck, i Knife, Paolo Conte, i Tunng e tanti altri.
Il mio più grande rimpianto è ovviamente Fabrizio de André.
Un paio di settimane fa però ho aggiunto un tassello al mio puzzle, e sono andato a vedere Bonnie "Prince" Billy a Torino... cantante folk-country-rock-e-quant'altro che conosco da appena un paio d'anni ma di cui mi sono innamorato immediatamente. In realtà non ero del tutto convinto di andarci... in base a qualche video amatoriale che avevo visto su Youtube mi ero fatto l'impressione che dal vivo non mi sarebbe piaciuto più di tanto, più che altro per come stravolgeva le sue canzoni. Mi sbagliavo, perché già dal primo pezzo, una sorta di medley di brani diversi, diventavano chiare la potenza, l'intensità e soprattutto l'inaspettata vivacità che avrebbero caratterizzato l'intero concerto, dall'inizio alla fine. È stato un concerto suonato con lo stomaco e con il cuore da musicisti bravissimi, affiatati e appassionati.
A differenza di Cat Power, che ho visto in concerto lo scorso giugno e che, allo stesso modo, riarrangiava pesantamente le proprie canzoni, nel caso di Bonnie "Prince" Billy l'operazione non tradiva un senso di snobismo un po' egocentrico che non lascia alcuna concessione agli spettatori, bensì una sorta di generosità, la generosità di chi suona perché "gli piace farsi ascoltare" e vuole regalare qualcosa di nuovo e inatteso al proprio pubblico. A differenza di Bjork all'Arena di Verona nel 2003, costato assai di più, non è stato un concerto bello ma freddo, distante e (soprattutto) troppo breve. A differenza di Roger Waters a Milano lo scorso aprile, non è stato un concerto-museo... impeccabile ma emozionante solo perché permetteva una visita in territori del passato.
Insomma, quindici euro per un concerto come dovrebbero essere tutti i concerti.

Ecco qui sotto l'inizio ripreso da qualche sconosciuto al concerto (grazie, se capiti di qui)... dal vivo è stato un crescendo strepitoso, in un video amatoriale, purtroppo ma ovviamente, non rende un decimo della sua grandezza (anzi, probabilmente rimarrete delusi, dopo le mie lodi sperticate):

venerdì, maggio 08, 2009

gratis

Ci sta mettendo un po' a ingranare, ma i colori e i profumi sono già decisamente quelli dell'estate.

Sempre a Entracque, vicino all'arco che porta a casa di mio prozio, proprio sopra un muretto su cui sono certo di aver giocato da piccolo, ho notato alcune cassette contenenti delle radici di dahlie. Non so se avete presente come sono fatte... sono tuberiformi, tutte attaccate in delle specie di cespi anche abbastanza grandi. Le cassette erano poste tutte in fila, e lì vicino c'era un cartello scritto a mano che diceva:

PER CHI LE VUOLE - SONO GRATIS

Noi ovviamente ci siamo serviti (con moderazione... abbiamo preso un cespo più grosso e uno più piccino), e le pianteremo al ciabot, che stiamo cercando di abbellire il più possibile con fiori e piante. Ad ogni modo... a meno che non facciano parte di un piano diabolico il cui arcano scopo è propagare per il mondo dei cloni vegetali di Berlusconi o cos'altro... non la trovate una cosa bellissima? Voglio dire, questa generosità così cieca e disinteressata. Non è mica facile essere così. D'accordo che chi le ha tolte dalla terra sicuramente non se ne faceva niente. Però poteva sempre cercare di venderle, regalarle a persone conosciute, oppure semplicemente buttarle via, come sarebbe venuto naturale alla maggior parte delle persone. Invece ha deciso di cederle a dei passanti sconosciuti.
Mi sono chiesto se io ne sarei capace. Silvia mi ha detto: "Beh, potresti farlo anche tu, se ci capitasse di avere delle verdure dell'orto in eccesso... puoi lasciarle lì sotto casa". In un primo momento l'idea mi ha stuzzicato. Poi le faccio: "No, non mi va di regalarle a qualche cliente della gelateria che magari parcheggia davanti al nostro garage" (appena arriva l'estate troviamo puntualmente qualche macchina parcheggiata davanti al garage). E lei, quasi contemporaneamente: "No, alla fine se le prenderebbe tutte quella del piano di sopra" (non abbiamo proprio degli ottimi rapporti di vicinato). E così via...
Ecco, capite cosa intendevo, quando dicevo che non è così facile essere generosi ciecamente e disinteressatamente?

mercoledì, maggio 06, 2009

colori

Un sacco di passeri che sfrecciano nei cespugli.

Domenica scorsa siamo andati in montagna per trascorre una bella giornata tutta per noi, in famiglia. Favoriti dal bel tempo, abbiamo passeggiato con Pietro, lo abbiamo fatto giocare con le fontane, gli abbiamo fatto vedere qualche animale, siamo andati a mangiare fuori con lui e via dicendo. Tra le altre cose, abbiamo fatto un salto a Entracque, perché dovevamo passare in farmacia, e quella di Valdieri era chiusa. A parte una tappa veloce in una giornata di neve di una decina di anni fa, con gli amici, erano davvero molti anni che non andavo a Entracque, e ne avevo perciò un ricordo parecchio confuso. E dire che da piccolo ci andavo abbastanza spesso. Lì il mio prozio Dorino aveva un appartamento, e ogni tanto mi è capitato che i miei nonni mi ci accompagnassero, d'estate. L'appartamento di mio zio dava su una specie di cortile comune, e io giocavo lì con una vicina di casa, una bambina di nome Silvia (ma pensa un po'), che io, con autentico spirito di patata, chiamavo "Salvia". Credo di averla anche vista al funerale di mio zio, ma non ho avuto la certezza che fosse lei finché non ho chiesto a mia madrina. E comunque non avrei saputo cosa dirle. Ricordo poco altro di quel cortile, se non frammenti, vaghe impressioni: ricordo un cane che ululava quando risuonavano le campane, ricordo mio zio che faceva la grappa alla camomilla, forse un aliante giocattolo con le ali di polistirolo, comprato dal tabaccaio che vende un po' di tutto, a Valdieri.
A questo pensavo ieri mentre da Valdieri ci dirigevamo con la macchina verso Entracque, e mi chiedevo se sarei riuscito a ritrovare quella casa in cui non ero stato da anni. E pensare che qualche occasione c'era stata, negli ultimi tempi. Parcheggiando la Micra, scettico al pensiero di riuscire a trovare il posto, mi sono arrabbiato con la memoria. Perché le cose col tempo si dimenticano? mi chiedevo. Perché i momenti vissuti da piccoli, momenti così belli e speciali, finiscono triturati in un magma indistinto? Pensavo al fatto che Pietro non ricorderà nulla di questi (quasi) due anni passati con lui, e la cosa mi rodeva un po'.
Passeggino alla mano, ci siamo messi a cercare la farmacia. Io gettavo l'occhio in ogni cortile, in ogni via traversa, cercando indizi del passato, ma niente: quel paese più carino di quel che mi immaginassi non mi diceva un granché. Un ponte, un parco e un bar hanno acceso una flebile lucina in me, ma non sapevo nemmeno se si riferiva a quel periodo o a quando andavo a sciare con la mia famiglia.
Poi troviamo la farmacia. Silvia entra e io resto fuori con Pietro a farmi un giro. E in quel momento vedo un momento che raffigura un alpino... una scalinata... un portico... un muretto... e subito ho una specie di epifania. Avverto come un calore sgorgare dentro di me, entro nel portico, intravedo una via con in lontananza una statua della Madonna... non è quella, ma quella sotto... le case... i giardini... e all'improvviso so già cosa troverò al fondo di quella via.
Proprio non me l'aspettavo, e ho vissuto quel momento con una certa emozione. Appena Silvia ci ha raggiunti, siamo andati fino alla casa, e ho letto il nome sul campanello. I ricordi legati a quel posto sono rimasti indistinti come prima, ma entrandoci dentro si sono colorati come in un album per bambini. Erano ancora lì, aspettavano solo di essere sfogliati e riempiti.

lunedì, maggio 04, 2009

jack is back

Una bella giornata di maggio.

Guardo questo blog come si guarda un orto lasciato per mesi in mano alle erbacce, che più crescono e meno ti viene voglia di zapparle via... e mi dico: no, non può mica andare avanti così.
Quindi colgo l'occasione dell'arrivo del bel tempo per mettere mano alla zappa e dichiarare guerra alla gramigna: da questa settimana il blog riapre ufficialmente con (almeno) tre post alla settimana. Scritti in anticipo nei rari momenti di ispirazione, probabilmente.

venerdì, aprile 24, 2009

blip

Piove piove piove... e così i lavori nell'orto vanno a rilento... e io dimentico l'ombrello...

I bei tempi di Deezer sembrano finiti... effettivamente, sembrava fin troppo bello potere ascoltare interi album così, gratis. Ora molta roba è lì ma sembra irraggiungibile... forse c'è solo qualcosa che mi sfugge, ma l'impressione è che, appunto, fosse troppo bello, e la cosa non convenisse a qualcuno. Restano le radio tematiche del sito, che non sono male.
Ultimamente, però, mi sono appassionato anche a un altro sito musicale: Blip.Fm. Trattasi di una specie di social network che ti consente di caricare le canzoni (molte, ma niente a confronto del Deezer dei tempi migliori) che si trovano sul motore di ricerca, farle ascoltare ad altri e a tua volta ascoltare una specie di playlist formata dalle canzoni che gli altri "dj" caricano. Alle canzoni (che vengono chiamate "blip"), è poi possibile associare un messaggio. Si possono inoltre esprimere preferenze, condividere su altri social network, ecc ecc. Permette infine di caricare canzoni su altri siti grazie alla funzione "embed", cosa che, se non sbaglio, da Deezer non si può più fare.
Niente di eclatante, insomma, ma è carino. Se vi piace la musica, siete tutto il giorno di fronte a un computer e avete manie di proselitismo come il sottoscritto, allora forse vi può interessare.

Ecco qui la mia pagina personale.

p.s.: Ovviamente, se ci fosse qualche lettore di Strange Weather (c'è ancora qualcuno che legge questo blog?) intenzionato a iscriversi o già iscritto, mi faccia sapere il suo nick su Blip.fm, così lo inserisco tra i miei dj preferiti.

martedì, aprile 14, 2009

alfabeto 2

Una bellissima giornata di sole... e io ho un sacco di lavoro da sbrigare.

Ecco il nuovo punto della situazione su Pietro (scusate la prolungata assenza e il post scritto di fretta, ma ho davvero la testa da mille altre parti):

a) Oltre ad aver perfezionato la pronuncia delle parole (e i versi di animali) che già diceva, ora ha aggiunto un sacco di parole nuove al repertorio. Certo, il più delle volte ne dice solo un pezzo, ma il cambiamento è incredibile. Alcuni esempi nuovi: perché (parché), gioco (giocca), blu (bu), verde (vdé), giallo (già), bimbi (bibi), bruco (questo lo dice quasi uguale), buco (bukku), acqua (coca... qui ci dobbiamo ancora lavorare parecchio), ciccio (cicci), kiwi (ki), pera (pe), riso (zizi), giacca (giacca), pane (pa).... zecchi (zecchino d'oro), ecc... ormai è un fiume in piena, e ogni giorno salta fuori qualcosa di nuovo.
b) Ieri gli ho chiesto: "Chi sono io?" "Papà"; "E lei?" "Mamma"; "E tu?" "Pepe".
c) Riconosce i colori e sa raggruppare oggetti dello stesso colore.
d) Riconosce una canzone se gli fischietti le prime note, e ti dice a suo modo di che canzone si tratta.
e) Sa usare quasi autonomamente un lettore cd (sigh).
f) È passato a nuove canzoni preferite, che di volta in volta lasciano spazio ad altre. Alcune delle sue ultime hit: "La principessa Zaffiro", "Bambino Pinocchio", "Dolce Signora Minù", "L'uccellino azzurro", "Carletto principe dei mostri", "Il mago pancione", e poi ancora "Bocca di rosa", "Il gorilla", "Alla fiera dell'est", "Madama Doré".
g) Come ninna nanna, invece, ultimamente preferisce "Il Pescatore" di De André.
h) Ci prende per mano (o meglio, per un dito) per chiederci di giocare con lui. Tutti e due contemporaneamente, se possibile. È anche un filino insistente.
i) Non sopporta quando le cose non gli riescono come vorrebbe. A quel punto si arrabbia, inizia a lanciare oggetti, sbattere le mani a terra, camminare all'indietro.
l) Ci dà i baci, a volte anche di sua iniziativa.
m) È a suo modo ordinato, e in certi casi gli piace sistemare le cose nei cassetti.
n) Dorme decisamente di più di notte. Ora quando va bene dorme anche sei o sette ore di fila, e i lunghi mesi passati a svegliarsi ogni due ore se non peggio sembrano ormai un ricordo lontano. Però il cambio dell'ora ha sfasato i suoi orari, quindi non va mai a dormire prima delle undici o mezzanotte. Questo, unito al fatto che dopo le nove e mezza diventa attivissimo, ci preclude ogni possibilità starcene un po' tranquilli per conto nostro. Che è anche bello perché almeno riusciamo a stare di più con lui, però ogni tanto una seratina tranquilla non sarebbe male...
o) I suoi gusti alimentari sono più o meno gli stessi (mangia molto volentieri pasta, riso, verdura e frutta)... con più denti riesce a mangiare più carne, però.
p) Gli piace la zuppa di miso.
r) Adora giocare nell'erba o con la terra.
t) Gli piacciono gli insetti... api e formiche in testa.
u) È molto socievole e di compagnia, superato un primo momento di diffidenza.
v) Non è particolarmente agitato, peste, capriccioso o lagnoso, ma è terribilmente ostinato (leggi testone).
z) Gioca un po' con tutto quel che trova in giro, ma sistemare in ordine gli Occhiolotti gli piace particolarmente. Per dire "Occhiolotti" si mette un dito in un occhio... spero trovi in fretta un altro modo per dirlo.

lunedì, marzo 23, 2009

PArole

L'inverno sembra finito sul serio, questa volta.

Man mano che Pietro inizia a PArlare, mi rendo sempre più conto di una cosa: l'Italiano ha davvero un sacco di parole di uso comune (e che capita sovente di usare coi bambini) che iniziano con "PA".

PApà
PAne
PAsta
PAppa
PAsticcio
PAtata
PAnnolino
PAzienza
PAletta
PAlla
PAdella
PAntaloni
PAgliaccio
PAppagallo

giovedì, marzo 12, 2009

pina

Crescono le gemme, cinguettano gli uccelli e la vicina del piano di sopra riprende a scopare giù la sua roba sui nostri balconi.

Ieri stavo camminando per via Bonora dopo aver portato Pietro a mia suocera. Strada facendo incontro Pina, la mia "tata" di un tempo. La saluto... lei subito non mi riconosce. Le dico che sono io. Ci salutiamo, e lei mi chiede com'è Pietro. Mi chiede se è buono come ero io, e inizia a raccontarmi alcuni episodi della mia infanzia che io non posso ricordare. Vorrei riportarli, ma non credo di essere in grado di ricrearne l'atmosfera. Me li tengo per me, nella speranza di non dimenticarli. Comunque mi ha detto che ero un bambino buono, che era molto affezionata a me, e gli episodi che mi ha raccontato dimostrano che anche io ero molto affezionato a lei.
Crescendo poi certe qualità si perdono, si deteriorano, o forse confluiscono in altre, non so. Fatto sta che quando ero più grande, durante le elementari, iniziai a essere un po' insofferente nei suoi confronti. Forse è fisiologico, ma al pensiero mi sono sentito in colpa.
Mi ha fatto piacere parlare con Pina. Dopo esserci salutati, mi sono messo a pensare alla bontà, all'innocenza, e a un sacco di cose.

martedì, febbraio 24, 2009

gioco

Abbiamo viaggiato nel tempo, dal nebbione di stamattina al sole primaverile di oggi pomeriggio.

Spinto dalla curiosità, ho provato a fare questo giochino tratto dal blog di Riki, sebbene anch'io, come lei, non ami troppo i test che si trovano in giro su Internet o cose del genere.
Si tratta di rispondere a delle domande inserendo come risposte i titoli delle canzoni che, in successione, escono fuori dalla selezione "Brani casuali" del proprio iPod (o simili). Ovviamente non vale barare.
Il risultato è abbastanza divertente, almeno per me o per chi mi conosce bene, e in alcuni punti ci azzecca pure (alla fine le risposte prive di senso sono una minoranza).

Ecco qui:

1. IF SOMEONE SAYS 'ARE YOU OKAY' YOU SAY?
Wasted Away (Micah P. Hinson)

2. HOW WOULD YOU DESCRIBE YOURSELF?
Penombre (Riccardo Tesi)

3. WHAT DO YOU LIKE IN A GUY/GIRL?
Cue (Scott Walker)

4. HOW DO YOU FEEL TODAY?
Static (Beck)

5. WHAT IS YOUR LIFE'S PURPOSE?
Girl from the North Country (Bob Dylan)

6. WHAT'S YOUR MOTTO?
World keeps turning (Tom Waits)

7. WHAT DO YOUR FRIENDS THINK OF YOU?
Eleanor Rigby (Beatles)

8.WHAT DO YOUR PARENTS THINK OF YOU?
Le testament (Georges Brassens)

9. WHAT DO YOU THINK ABOUT VERY OFTEN?
We always knew (Black Heart Procession)

10. WHAT IS 2+2?
Backbird (Beatles)

11. WHAT DO YOU THINK OF YOUR BEST FRIEND?
Le vin (Georges Brassens)

12. WHAT IS YOUR LIFE STORY?
We were sparkling (My Bryghtest Diamond)

13. WHAT DO YOU WANT TO BE WHEN YOU GROW UP?
Water may walk (Devendra Banhart)

14. WHAT DO YOU THINK WHEN YOU SEE THE PERSON YOU LIKE?
I love you... nor do I (Anita Lane + Nick Cave)

15. WHAT WILL YOU DANCE TO AT YOUR WEDDING?
Miss-Shapes (Pulp)

16. WHAT WILL THEY PLAY AT YOUR FUNERAL?
Maxwell's Silver Hammer (Beatles)

17. WHAT IS YOUR HOBBY/INTEREST?
Hollow Man (R.E.M.)

18. WHAT IS YOUR BIGGEST FEAR?
Song for Bob (Nick Cave & Warren Ellis)

19. WHAT IS YOUR BIGGEST SECRET?
Boiled oil (Thee Michelle Gun Elephant)

20. WHAT DO YOU WANT RIGHT NOW?
Sunken Waltz (Calexico)

21. WHAT DO YOU THINK OF YOUR FRIENDS?
Vähäinen Violetissa(Tenhi)

P.S.: Il titolo dell'ultima canzone è in finlandese e non ho la mia idea di cosa significhi. :)

sabato, febbraio 21, 2009

alfabeto

Oggi la sciarpa mi teneva troppo caldo.

I bambini crescono in fretta. Crescono in fretta e cambiano in fretta, così che diventa difficile ricordarli esattamente com'erano fino a poco tempo prima, quali erano i loro gusti, che cosa facevano di particolare. Per questo bisognerebbe segnarsi certe cose, e per questo esistono delle specie di album della nascita in cui segnare certe date fatidiche... le prime parole... il primo dentino, cose così. Anche noi ce l'abbiamo, ovviamente. Anzi, forse ne abbiamo addirittura un paio. Ma per un motivo o nell'altro (il 50% delle volte per pigrizia, il restante 50% si divide tra smemoratezza e mancanza di una penna adatta nel momento dell'ispirazione), alla fine non l'abbiamo mai usato. È un peccato però lasciare che certe cose scorrano via lasciando solo una traccia indistinta che si sedimenta insieme al resto dei ricordi. Quindi ho deciso che ogni tanto userò il blog per fare un po' il punto della situazione.

Vi dirò quindi che, a circa diciannove mesi, Pietro:
a) Ha sei o sette denti... i primi quattro li ha messi tutti di colpi quando aveva un anno, gli altri stanno crescendo poco alla volta da un mese o due al massimo.
b) Dice abbastanza bene: "mamma", "papà", "nonno", "pappa", "nanna" (ma solo ogni tanto)... e soprattutto "cos'è", che è un po' la chiave per sapere tutto il resto, no?
c) Dice un po' meno chiaramente parole come "torta" (tuttu), "pasticcione" (pa!), "zia"(ziii - ma questa sta già passando nella categoria b), "cocco" (coccodrillo) .
d) Indica con dei versi alcuni animali: due tipi di ruggito per distinguere il leone dalla tigre, il miagolio del gatto, il cinguettio per gli uccellini, il verso del pesce e "tutu" per le tortore, "cocco" per le galline soprattutto. Una volta faceva anche il maiale (uguale al leone) e la mucca, ma poi ha smesso per disinteresse. Ah, fa anche "shhhh" per dire il fuoco.
e) Fa altre associazioni strane: "a-ah" è la tartaruga (dal ritornello della canzone di Bruno Lauzi), se fa "ciao ciao" con la manina vuole vedere la foto di Manu (confonde manu e mano)
f) In generale capisce un sacco di cose anche se non le dice, quindi se gli chiedi di prendere una cosa o di metterla a posto, molte volte lo fa. Se non lo fa è solo perché è un testone.
g) Cammina, corre, si arrampica, sale sui tavolini.
h) La sua coperta di Linus sono i CD. (ARGH)
i) Le sue canzoni preferite sono: sigla di "Sandokan" e dell'"Uomo Tigre", quella di "Tamagon", "Lamù" e "Pinocchio" (viste su youtube), ma anche "Jump in the line" di Harry Belafonte e "La contadinella" di Nanni Svampa. "Il valzer del moscerino" la balla solo con Silvia.
l) Non fa ancora cacca e pipì nel vasino ma inizia a capire il concetto.
m) Ha smesso di prendere il latte un mesetto fa, e adesso dorme un po' meglio.
n) Adora la pasta, ma non può sopportare i formaggi (sigh). Venera anche il cioccolato, da cui però cerchiamo di tenerlo lontano salvo occasioni particolari. Gli piacciono molto le verdure, in particolare fagiolini e finocchi cotti. Non mostra interesse per la pizza (sigh).
o) Si lamenta un po' di meno quando lo cambiamo, ma in generale la cosa non gli piace.
p) Adora il bagnetto e la piscina.
q) Per certi versi ha un certo caratterino. Per altri ha un buon carattere.
r) Ama le cose coi tasti (ARGH).
s) Ama ancora i libri (specie quegli sugli animali), ma un po' meno rispetto a qualche mese fa.
t) Morde più moderatamente rispetto a un mese o due fa.
u) Pesa... uhm... credo undici chili... è un po' che non lo pesiamo davvero.
v) Praticamente non ha più segni della dermatite atopica, tranne qualcosina dietro il ginocchi sinistro.
z) Fa "ciao ciao" con la manina, ma dopo che la persona da salutare se ne è già andata.

venerdì, febbraio 13, 2009

run run run

Sole caldo con aria fredda.

Martedì, per la prima volta da almeno quindici anni, sono andato a correre. Quando ero piccolo mi ci portava mio padre dopo sottili ed estenuanti opere di persuasione. Io non amavo molto correre. Spesso faceva freddo, e io avevo le gambe più corte e scarpe da ginnastica troppo grosse. Con mio fratello era un po' diverso perché la cosa era... più soft, diciamo, dato che ogni tanto ci si fermava e si camminava parlando un po'. Ciò non toglie che non fosse esattamente il mio sport preferito. Non che io avessi uno sport preferito, anzi. Praticamente non ho mai giocato a calcio, di pallavolo ho solo qualche ricordo scolastico poco esaltante, basket non mi dispiaceva ma l'ultima volta che ci ho giocato facevo le medie. Facevo pattinaggio corsa quando ancora i pattini non avevano le ruote allineate. Pattinare mi piaceva, ma francamente l'antagonismo non faceva per me, e poi non osavo abbastanza.
Ma insomma, se si fa un lavoro sedentario come il mio, in qualche modo bisogna pur muoversi. Tra un mese o due ci sarà l'orto, ma non è la stessa cosa... e poi io avevo bisogno di qualcosa di più pratico e veloce da fare immediatamente quando ho l'occasione senza perdere troppo tempo e possibilmente senza l'ausilio della macchina. Così ho deciso di riprovare a correre. La cosa un po' m'intimoriva e un po' mi faceva ridere. Diciamocelo: proprio non mi ci vedevo a fare corsa come quelli che incontro ogni tanto per le strade. Voi mi ci vedete?
Ad ogni modo, ho chiesto qualche consiglio a Mattia e poi via, sono partito qui da casa dei miei lungo la pista ciclabile diretta a Valpone (che disterà da Canale 2,5 km, almeno secondo Google Maps). Volevo iniziare con poco e andando piano, anche perché altrimenti rischiavo di stufarmi dopo la prima volta. Fondamentale era l'iPod. Io sono un musicomane, e l'unica cosa che poteva fare la differenza con le mie esperienze passate era l'ausilio della musica a fare da colonna sonora, a rendere cinematografico il paesaggio in movimento durante la corsa...
...E direi che ha funzionato. L'esperienza mi è piaciuta, non mi sono stancato più di tanto (come ho detto, avrò fatto massimo massimo cinque chilometri) e ho ripetuto la cosa due giorni dopo con un pochino più di grinta. Certo, mercoledì ero un tantino rigido, ma giovedì ero già pronto per la corsa successiva. Entrambe le volte ho usato come colonna sonora Boxer dei National (ascoltabile qui)... band che conosco da poco ma che si è rivelata adattissima al modo in cui volevo correre.
Chissà quanto ci metterò a stufarmi?

lunedì, febbraio 09, 2009

i morti

La strada si allarga nuovamente, e solo poca neve "marcia" resiste sui bordi.

Febbraio ci ha offerto due bellissime giornate di sole... quel sole di fine inverno che ti suscita un intenso senso di liberazione. Così ieri pomeriggio sarebbe stato un delitto restarsene chiusi in casa, e siamo andati a camminare un paio d'ore con il passeggino.
Siamo saliti su lungo via Castelvecchio per poi scendere a Valpone dalla stradina in discesa sul bivio per S.Defendente. Pietro inizialmente dormiva, e quando si è svegliato è rimasto buono buono a osservare la campagna assonnata come lui. Siamo tornali a Canale percorrendo la pista ciclabile, e così facendo siamo passati di fronte al cimitero. Era un po' che non ci andavamo, perciò abbiamo deciso di farci un salto.
Il cimitero era deserto, e Pietro si è trovato immediatamente a suo agio, con tutta quella ghiaia e quegli scalini su cui arrampicarsi (confido nella clemenza dei morti). Siamo andati di fronte alla tomba di famiglia. Ad un certo punto guardo Pietro che gioca sul rettangolo di terra in cui sono sepolti alcuni suoi bisnonni e trisnonni. Ho pensato ai morti che se ne vanno sotto terra, ai vivi che fioriscono su di loro e alla mancanza di un contatto tra gli e gli altri.
Pietro giocava ignaro di tutto e spensierato.
Anche i morti giacevano lì sotto ignari di tutto. Almeno credo, ma se anche non fosse... beh, a me farebbe piacere che un mio piccolo discendente venisse a giocare sulla terra in cui dormo.

martedì, gennaio 27, 2009

raccogliere e consumare

In questa relativamente tiepida giornata d'inverno, tutto intorno a me era uno sgocciolio di neve per lungo tempo rimasta al suo posto.

Io sono una persona che va a periodi. Forse tutti lo siamo. Non saprei, io parlo per me. D'altronde, chi segue costantemente il blog dal suo esordio l'avrà capito. Ci sono stati periodi di magra e periodi in cui cui scrivevo un post al giorno, e questo andamento rientra più in generale negli alti e bassi che caratterizzano più o meno ogni mio interesse. In larga parte dipende certamente dagli impegni e dalla disponibilità che si hanno di volta in volta, ma c'è anche una componente puramente personale, interiore, o come la si voglia chiamare. Anche la mia passione per la musica, per fare un esempio, ne è affetta. Ci sono dei periodi nei quali mi trasformo in un affamato divoratore di cose nuove, e altri nei quali invece mi assesto su ascolti più confortanti, sulle cose che si sono sedimentate dentro di me nel corso degli anni. Non so se si tratti di una forma di pigrizia o di una necessaria pausa di rielaborazione di ciò che ho assimilato. Forse, più semplicmente, esistono stagioni per raccogliere e stagioni per consumare.
In generale, questo è per me un inverno musicale. Negli ultimissimi mesi ho raramente sentito il bisogno di salpare verso nuove mete, e mi sono per lo più attenuto a percorsi musicali già tracciati. Ma insomma, anche d'inverno ci sono pur sempre i bucaneve, e così capita di raccogliere qualcosa di buono anche quando non lo cerchi. È più o meno quel che mi è successo con l'ultimo album di Antony & The Johnsons (ascoltabile gratuitamente a questo indirizzo). Se devo proprio essere sincero, nonostante le lodi sperticate di critici e cantanti suoi colleghi, ho sempre guardato con sospetto a questo virtuoso della voce. Solitamente i virtuosismi mi annoiano, che si tratti di lunghi assoli di chitarra o di acrobazie vocali. E così era stato per il primo disco di Antony che avevo sentito, quello omonimo. Qualche buon pezzo c'era, ma difficilmente riuscivo ad arrivare a fine album senza essermi annoiato prima. Invece, non so perché, questo non è successo con The Crying Light. Al contrario, mi ha sin da subito colpito per la sua misura e per la sua capacità di ricamare sulle sfumature. L'ho riascoltato più e più volte e ancora non mi ha stufato. Non so se questa impressione svanirà in fretta o se si rafforzerà col tempo. Magari mi piace con questo tempo e questo umore, e domani non mi dirà più niente. Staremo a vedere. Per ora ve ne consiglio l'ascolto.

mercoledì, gennaio 21, 2009

natale a casa mapomo

Ieri mi è sembrato di vedere qualcosa strisciare sotto il ghiaccio.

Come promesso, ecco qualche foto. Non sono recentissime... per la precisione, sono state scattate a Natale. Il nostro secondo Natale, ma il primo in cui Pietro ha partecipato in maniera un po' più attiva (l'anno scorso si era limitato a giocare con la carta dei pacchi).



sabato, gennaio 17, 2009

figli e padri

Il ghiaccio su via Mompissano si scioglie poco a poco. Oggi ho visto un cane lupo percorrere di corsa quella discesa, inseguendo la gallina favorita di mio padre. Se fosse scivolato, gli avrei riso dietro per mezz'ora.

Pensieri più o meno liberi:

Questo gennaio ospita qualche grande avvenimento.
Innanzitutto, Pietro, di cui prometto che nei prossimi giorni metterò una foto, ha compiuto un anno e mezzo. Un bel traguardo a cui siamo arrivati alla velocità della luce. Com'è Pietro a un anno e mezzo? Ce lo ricorderemo, un giorno? Ne dubito, visto che nuovi innumerevoli ricordi continuano a spingere al fondo dalla memoria quelli vecchi. Fortunatamente ci sono le foto, i filmati... e le parole. Dicevo, com'è Pietro a un anno e mezzo? È sempre più dolce, ma sta anche mettendo su un bel caratterino. Ormai cammina bene e ha smesso di gattonare da tempo. Per ora la dermatite non si è più fatta vedere, tranne dietro al ginocchio sinistro, dove comunque appare sempre meno forte. Speriamo quindi che non si faccia viva fino a primavera... e se anche tornasse, beh, almeno qualche mese tranquillo l'abbiamo passato (l'anno scorso era arrivata verso fine ottobre). Poi... Pietro a un anno e mezzo è un fanatico della musica... della sua musica, ovviamente. Zecchino d'oro e canzoni sugli animali in particolare. Adesso riconosce da solo le parole che conosce (anche se ancora non le pronuncia) in mezzo ai testi delle canzoni, senza bisogno che gliele diciamo noi. Così se sente "gatto", "gattino" o "gatta", miagola. Se sente "tigre" ruggisce. Se sente "baffi", si passa il dito sopra il labbro. Se sente "mano", fa "ciao ciao" con la manina. Uno spasso. Poi è anche un fanatico degli animali. Forse qualche mese fa lo era ancora di più, con la sua tavola di legno con su gli animali stampati. Ma anche adesso ama sfogliare i libri e cercare quelli che già conosce, per poi confrontarli con altre "versioni" dello stesso animale in formato peluche, giocattoli, nostri disegni, ecc. È molto bravo a riconoscerli. Ogni tanto prova anche lui a disegnarli... ma diciamo che sono parecchio soggettivi. Ma soprattutto... Pietro a un anno e mezzo ha quasi smesso di prendere il latte! Questa è la grossa novità, soprattutto per Silvia, che sente la mancanza di questo particolare rapporto ma che si è anche liberata di un grosso peso. È successo che una sera di qualche giorno fa, stremata dal suo ciucciare senza addormentarsi, gli ha detto: "Pietro, io il latte non te lo do più". Lui forse ha capito, perché quando di notte si è svegliato, si è addormentato da solo dopo non molto (nel lettone ovviamente... una cosa per volta, insomma), senza lamentarsi più di tanto. E ha resisito per un giorno e mezzo senza latte. Poi non ce l'ha più fatta, e allora di mattina Silvia gliel'ha concesso, così si è anche svuotata un po'. La cosa si è ripetuta, ma meno latte prende Pietro, meno Silvia ne produce. Quindi siamo ottimisti sull'esito della strategia. Certo, la notte ci si continua a svegliare... ma è tutta un'altra storia (almeno per lei... per me più o meno, ma mi sembra doveroso occuparmente io a questo punto). Un passo in avanti, comunque. Altre cose... beh, in questo periodo oltre che per la musica (la hit del momento è la sigla di "Sandokan") e gli animali va matto per i suoi due cuginetti più grandi... in particolare Samuele, che adora. Eh sì, perché per quanto ormai ci riconosca tutti quanti e si stia affezionando non solo a noi ma anche agli altri membri della famiglia, giocare con altri bambini, per quanto non coetanei, è tutta un'altra cosa. Ah, dimenticavo le parole... ormai padroneggia perfettamente "papà" (me lo dice anche al telefono, oltre che in foto... mi riconosce, che stella) e "mamma"... dice "nonno", "nanna"... qualche pezzo di parola qua e là e soprattutto tanti versi di animali, dalla gallina al gatto per finire a tutta una serie di ruggiti che variano a seconda si tratti di una tigre, di un leone o chissà di che altro felino.

Altra cosa importante di questo mese è l'anniversario dei dieci anni dalla morte di Fabrizio De André. Eh sì, sono passati dieci anni. Non ho molto da aggiungere su quanto ho già scritto in diversi post al riguardo. Solo che l'altro giorno, dopo aver visto lo speciale a "Che tempo che fa", parlavo con Mana di come Fabrizio sia stato veramente un padre per tutti noi... del suo potere di fare da collante che riunisce così tante persone sotto uno stesso tetto... di dare l'opportunità, alle persone che riconoscono nella sua musica gli aspetti più belli di questo paese, di sentirsi a casa.
Chiudo con una segnalazione. Sul sito di Radio Tre, si possono trovare in formato mp3 le puntate di Storyville di questa settimana. Cinque puntate (l'ultima devono ancora inserirla... credo lo faranno lunedì) di mezz'ora ciascuna in cui Ascanio Celestini ci racconta qualcosa della vita di De André, inframezzato da sue canzoni, canzoni di quelli che l'hanno ispirato, ecc. Secondo me ne vale la pena. Non so quanto terranno i file sul sito... non credo più di una settimana, ad ogni modo. Io comunque li ho salvati. Ecco il link.

venerdì, gennaio 09, 2009

dimenticavo!

Con tutta questa neve è inevitabile ripensare all'infanzia.

Dimenticavo la classifica delle chiavi di ricerca di dicembre. Poche ma buone, direi.

1) come entrano le api nella tuta astronauta
2) come vestono i neonati americani
3) vestiti disco per ragazzi di 12 anni
4) cosa pensa marino sinibaldi di franco battiato
5) l'anaconda è un serpente mp3 [ndm: allora non la conosco solo io!]
6) ragni volanti giganti

martedì, gennaio 06, 2009

strange weather

Ho camminato in una neve sofficissima, nel deserto delle nove di mattina dell'epifania.

Rendo omaggio al titolo di questo blog con un post interamente dedicato al tempo.
Come sapete, quasi ogni giorno percorro più o meno gli stessi dieci minuti di strada che separano casa mia da quella dei miei, e ciò fa sì che ogni giorno mi si proponga più o meno la stessa scena con minime variazioni sul tema, per lo più di natura climatica. Da quando ho trasferito il mio "ufficio", il tempo è cambiato parecchio. Ricordo che, ai primi di ottobre, c'era ancora addirittura da togliersi la maglia dal caldo, dopo la salita di Via Mompissano. Giorno dopo giorno, tra sole, pioggia, vento, brina, neve e ghiaccio, sono scivolato, insieme alle solite vie, nel cuore dell'inverno, e nello stesso arco di tempo, scivolerò verso la primavera. La circolarità dei mutamenti stagionali mi emoziona. Perché, pur seguendo sempre lo stesso corso, la natura appare ai nostri occhi sempre nuova. Mi suona sempre strano pensare che, dopotutto, io ho vissuto solo trenta inverni, trenta primavere, trenta estati, trenta autunni. Sembrano pochi, detto così. E quanti potrò averne vissuti, alla fine della mia vita? Se anche ne vivessi cento, sarebbe comunque qualcosa di relativamente nuovo.
Il tempo, però, ci riserva talvolta delle sorprese inaspettate e forse, addirittura, del tutto nuove. Anche per questo sono contento di essere ora costretto a uscire di casa, per lavorare.
Ieri, ad esempio, ho visto (credo) per la prima volta in vita mia la galaverna. Mentre percorrevo via Roma, via Bonora, via delle Margherite e via Mompissano, mi sentivo come un bambino in un luna-park. L'intero paese ricoperto di perfetti aghi di ghiaccio. Il bianco di cui erano ammantati gli alberi da vicino diventava una sorta di peluria, e visto da ancora più vicino si trasformava in costruzioni di chiodi, città di ghiaccio, zampe di ragno. Le ringhiere lungo la strada prendevano vita e si tramutavano in rovi. L'invisibilità delle ragnatele veniva smascherata dal bianco, ed esse assumevano un'aria gotica e minacciosa, ricoprendosi di aculei. I fiori dell'edera sbocciavano di una nuova vita inusuale ed effimera. Le maglie delle reti diventavano bocche di squali.
Ovviamente non potevo non fare qualche foto col telefonino... sono un po' scarse, ma pazienza.




giovedì, gennaio 01, 2009

e il 2008 è andato

Fa buio e fuori fa freddo, ma questa volta la neve non è venuta.

Ieri abbiamo salutato il 2008. Una bella e tranquilla cena tra amici che è sempre bello rivedere, a casa di Giusi. Avrei voluto scrivere qualcosa ieri pomeriggio e fare a tutti gli auguri, ma non c'è stato il tempo. Lo sto proprio trascurando, questo blog.

Il 2008... è un anno a cui guarderemo con nostalgia, un giorno? Forse sì, ma è stato anche un anno carico di brutte notizie. Certo, c'è stato qualche lieto, lietissimo evento che basta a renderlo memorabile. E c'è stato Pietro che ci ha regalato ogni giorno una scoperta meravigliosa e irrinunciabile. Ma a parte questi stupendi, "enormi" momenti riguardanti la sfera strettamente personale, è un anno a cui dico addio volentieri.
Sono andato a diversi funerali e ho sentito nominare troppo spesso gli ospedali da gente a me vicina. Il paese in cui abito ha perso due figure... due persone che non ci aspettavamo di dover salutare così presto.
È caduto un governo zoppicante e pieno di difetti, ed è salito al potere un governo più sicuro di sé e ben più inquietante e disastroso. Esso ha gettato una luce cupa e bieca su tutti noi, rivelando di colpo tutta la nostra arretratezza, la nostra miopia, la nostra ignoranza, la nostra mediocrità, il nostro odio represso, il nostro bisogno di essere comandati e privati delle responsabilità a qualunque prezzo. Anno tristemente memorabile anche per la sinistra che, batoste altrui a parte, si è auto-annichilita... troppo occupata a fagocitarsi da sola cercando di dare in tutti i modi ragione agli avversari, quando l'accusano di essere divisa. Mentre il centrosinistra sembra fare di tutto per offrire una delusione dietro l'altra a chi gli ha dato fiducia. Insomma, c'è da sentirsi smarriti sul serio questa volta.
Infine, c'è stata una crisi economica mondiale di cui piano piano vediamo gli effetti, e che rende il nostro futuro economico ancora più precario. Da questo punto di vista, il 2009 si preannuncia ancora peggiore, ma cerchiamo di non pensarci. O cerchiamo di pensarci in maniera costruttiva, almeno in questi giorni d'avvio.
Quindi... ecco... ciao ciao 2008, di te terremo solo le cose belle che ci hai regalato, e che non sto a ricordare per filo e per segno come ho fatto con quelle brutte. Perché se ho voluto esorcizzare così i mali di quest'anno, le cose belle preferisco tenerle dentro di me.
Buon 2009 a tutti di cuore.
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