martedì, gennaio 27, 2009

raccogliere e consumare

In questa relativamente tiepida giornata d'inverno, tutto intorno a me era uno sgocciolio di neve per lungo tempo rimasta al suo posto.

Io sono una persona che va a periodi. Forse tutti lo siamo. Non saprei, io parlo per me. D'altronde, chi segue costantemente il blog dal suo esordio l'avrà capito. Ci sono stati periodi di magra e periodi in cui cui scrivevo un post al giorno, e questo andamento rientra più in generale negli alti e bassi che caratterizzano più o meno ogni mio interesse. In larga parte dipende certamente dagli impegni e dalla disponibilità che si hanno di volta in volta, ma c'è anche una componente puramente personale, interiore, o come la si voglia chiamare. Anche la mia passione per la musica, per fare un esempio, ne è affetta. Ci sono dei periodi nei quali mi trasformo in un affamato divoratore di cose nuove, e altri nei quali invece mi assesto su ascolti più confortanti, sulle cose che si sono sedimentate dentro di me nel corso degli anni. Non so se si tratti di una forma di pigrizia o di una necessaria pausa di rielaborazione di ciò che ho assimilato. Forse, più semplicmente, esistono stagioni per raccogliere e stagioni per consumare.
In generale, questo è per me un inverno musicale. Negli ultimissimi mesi ho raramente sentito il bisogno di salpare verso nuove mete, e mi sono per lo più attenuto a percorsi musicali già tracciati. Ma insomma, anche d'inverno ci sono pur sempre i bucaneve, e così capita di raccogliere qualcosa di buono anche quando non lo cerchi. È più o meno quel che mi è successo con l'ultimo album di Antony & The Johnsons (ascoltabile gratuitamente a questo indirizzo). Se devo proprio essere sincero, nonostante le lodi sperticate di critici e cantanti suoi colleghi, ho sempre guardato con sospetto a questo virtuoso della voce. Solitamente i virtuosismi mi annoiano, che si tratti di lunghi assoli di chitarra o di acrobazie vocali. E così era stato per il primo disco di Antony che avevo sentito, quello omonimo. Qualche buon pezzo c'era, ma difficilmente riuscivo ad arrivare a fine album senza essermi annoiato prima. Invece, non so perché, questo non è successo con The Crying Light. Al contrario, mi ha sin da subito colpito per la sua misura e per la sua capacità di ricamare sulle sfumature. L'ho riascoltato più e più volte e ancora non mi ha stufato. Non so se questa impressione svanirà in fretta o se si rafforzerà col tempo. Magari mi piace con questo tempo e questo umore, e domani non mi dirà più niente. Staremo a vedere. Per ora ve ne consiglio l'ascolto.

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