venerdì, maggio 22, 2009

compro/vendo

Maggio è o non è il mese più bello dell'anno?

Questo post contiene qualche considerazione musicale e un annuncio.
Un paio di settimane fa ho comprato in edicola il singolo de Il pescatore + Una storia sbagliata, uscito insieme al DVD di uno degli ultimi concerti di De André. Pietro, che ama canzoni come Bocca di rosa, Il pescatore, Volta la carta e Geordie, ha apprezzato, e la cosa mi fa ovviamente piacere. Questa settimana, invece, ho preso l'ultima uscita della medesima serie pubblicata da Repubblica ed Espresso, ovvero il doppio cd del concerto con la PFM. Non so bene perché, ma ho sempre snobbato quel concerto, e difatti era una delle poche cose di De André che ancora mi mancavano. Sarà perché, dopo una breve fase di entusiasmo liceale per il rock progressive, la mia passione per quel genere, a cui la PFM appartiene, si è presto arenata, limitandosi giusto giusto ai primi album dei Genesis. Sarà perché sono maggiormente abituato a comprare gli album in studio, rispetto ai concerti. O sarà forse perché sono sempre stato affezionato alle versioni originali di certe canzoni di De André, vale a dire quelle contenute nei vinili di mio padre che ascoltavo da piccolo, per cui ero un po' diffidente verso certi riarrangiamenti. Ma col tempo le persone cambiano, e così come una volta il mio amore per Faber si limitava ai primi album (quelli più influenzati da Brassens, per intenderci) mentre ora è arrivato a includere il meno immediato De André delle canzoni in dialetto e quello delle collaborazioni con De Gregori, Bubola e Fossati, così l'ascolto di un autore tanto profondo riserva sempre nuove sorprese, che aspettano solo il momento giusto per essere colte. Ed ecco che, mentre mi ascoltavo il CD in auto immerso nel caldo odore del maggio, mi sono accorto che la versione live de Il giudice non è soltanto bella... è portentosa.

Ma veniamo all'annuncio... ecco, devo dire che quest'edizione dell'opera completa di De André uscita in edicola mi piace proprio... ok, non ci sono i testi (pubblicati a parte in un libro), e questo può essere una seccatura per quanto riguarda gli album cantati in dialetto, però insomma, la copertina cartonata, gli interventi pubblicati nei libretti allegati... alla fine della fiera, per me sono molto meglio dei CD originali. Quindi sto valutando se ordinare anche il resto della serie... e a questo punto mi chiedo: nell'eventualità, a qualcuno interessano i CD originali? Li vendo a metà del prezzo che li ho pagati io (o meno se trovo qualche riga, ecc...)... vale a dire intorno ai 5 euro l'uno. Gli unici che penso di tenermi sono Creuza de ma, Le nuvole e Anime salve, perché di quelli voglio avere i libretti con i testi. Se la cosa interessa a qualcuno... che si faccia avanti!

mercoledì, maggio 20, 2009

metafisica dei nei

...Ed è l'ora dei pantaloni estivi!

Qualche tempo fa sono andato dal medico perché avevo una macchia sotto la scapola. Lui mi ha detto che non era niente. Già che c'ero gli ho mostrato un neo enorme e sporgente che ho sulla schiena, una specie di piccolo tortino al cioccolato, ma non così invitante. Il medico mi ha suggerito di farlo vedere a un dermatologo. Ieri sono andato dal dermatologo che mi ha detto che quello lì non rappresenta un problema, però ce n'è un altro che... e così mi ha disegnato con la biro due frecce sul dorso, in corrispondenza di un piccolo neo un po' sfumato che devo andare a farmi rimuovere domani. Ora mi chiedo: a sua volta, il chirurgo mi dirà che anche quel neo lì non è niente di grave, e magari mi asporterà invece... che so, un orecchio? Tremo all'idea.
Fatto sta che il dermatologo mi ha detto che ne ho proprio tanti, di nei. È vero. Ho sempre sospettato che siano tutti segnati da numeri invisibili, e che se li unissi ne risulterebbe il disegno della mia anima, o magari il segreto dell'universo. Devo solo scoprire com'è la numerazione.

p.s.: Ho come l'impressione di aver già scritto l'ultima parte in passato, visto che è una cosa che mi frulla in testa da una vita. Ma se non me ne ricordo io, immagino che nemmeno voi... in caso contrario, scusate per la minestra riscaldata.

lunedì, maggio 18, 2009

fossato

Risuonano i cannoni che sparano alle nuvole.

Un paio di settimane fa, mentre mi occupavo del mio orto, il tizio che ha la vigna proprio lì di fronte ha attaccato bottone. Io, come mio solito, non sono stato di molte parole, ma abbiamo comunque fatto due chiacchiere su come le precipitazioni di quest'anno abbiano allargato considerevolmente il fossato che divide i rispettivi terreni, facendo crollare le rive e mangiando terra a entrambi. A un certo punto lui ha detto una frase in piemontese, poi ha esitato un secondo e me l'ha ripetuta in italiano, temendo forse che non lo capissi. Ci sono rimasto un po' male. Voglio dire, io il piemontese non lo parlo ma ovviamente lo capisco benissimo. A casa mia i miei l'hanno sempre parlato anche con me e i miei fratelli, però, non so perché, dal canto nostro non è che lo parliamo un granché, salvo qualche espressione ricorrente che insomma, viene meglio così. A me un po' manca questa cosa, perché ci sono dei contesti in cui parlare italiano ti rende più distante, più distaccato, specie se l'interlocutore ti parla invece in dialetto. Non so, ma vivo questa cosa con un senso di perdita.
Del resto io non sono uno che si lancia... se non so di poter fare una cosa più che bene, preferisco non farla piuttosto che sembrare innaturale ed esibire la mia goffaggine, specialmente quando la goffaggine non è giustificata, visto che sono piemontese al 100%.
Quindi parlo italiano e resto dall'altra parte del fossato.

mercoledì, maggio 13, 2009

patipipuppi

Ieri ho mangiato un melone: è estate.

Una cosa che mi ha sempre incuriosito è sapere come suona all'orecchio degli stranieri la lingua italiana, e soprattutto come essi la riprodurrebbero, se dovessero imitarla a orecchio. Insomma, quali sono i tratti distintivi della nostra lingua che saltano all'orecchio di qualcuno che parla un'altra lingua, così come noi cogliamo alcuni tratti delle lingue più "conosciute" (mi vengono in mente ad esempio l'inglese britannico o americano, il francese, il tedesco, lo spagnolo, il cinese, l'arabo, il giapponese, le lingue africane o quelle nordiche) e "sappiamo" farne un'imitazione in base ad alcuni elementi ricorrenti o alcuni stereotipi culturali di vecchia data. Immagino poi che la cosa vari da ascoltatore ad ascoltare: un francese coglierà alcuni tratti caratteristici dell'italiano, ma immagino che un cinese ne noterà altri. E anche se cogliessero gli stessi tratti, poi immagino che li riprodurrebbero diversamente a seconda degli strumenti forniti loro dalle rispettive lingue. Ricordo che una volta, a Osaka, chiesi a una mia compagna di classe, una nippo-americana, di provare a farmi un'imitazione di come parla un italiano, ma probabilmente la cosa la imbarazzava e quindi il risultato non fu soddisfacente. Tra l'altro lei non sentiva assolutamente il mio accento italiano quando parlavo giapponese, mentre lo sentiva quando parlavo inglese.
Tutto questo mi è venuto in mente qualche mattina fa guardando questo video, in cui il mio personale enigma viene in parte svelato da Peter Griffin, che evidenzia tra l'altro uno stereotipo su noi italiani che a molti di noi farebbe abbastanza strano... vale a dire, che di norma gli italiani portino i baffi. Vatti a fidare degli stereotipi...

lunedì, maggio 11, 2009

un concerto come piace a me

Il sole scalda finalmente la terra.

Sebbene io sia un appassionato di rock e derivati, non vado poi così spesso ai concerti, specialmente negli ultimi anni. Cerco però di vedere almeno una volta nella vita quei pochi miti personali, i pilastri sui quali poggia il mio amore per la musica, coloro che in una certa fase della mia vita hanno rappresentato, o ancora rappresentano, dei punti fermi da amare e ammirare incondizionatamente (o quasi). Ho visto Nick Cave, Shane MacGowan, P.J. Harvey (che ora non ascolto così tanto, ma quando facevo il liceo era in assoluto la mia cantante preferita), Bjork, Roger Waters, Micah P. Hinson, Cat Power, i Cure, i R.E.M., Peter Gabriel, Vinicio Capossela, i Baustelle, Tricky, gli Einsturzende Neubauten... e sicuramente qualcun altro che ora non ricordo. Come vedete non sono poi tanti, spalmati nell'arco di un quindicennio, e mancano alcuni nomi illustri... tipo Tom Waits, che viene in Italia ogni mille anni, Bob Dylan, i Radiohead, Sufjan Stevens, Beck, i Knife, Paolo Conte, i Tunng e tanti altri.
Il mio più grande rimpianto è ovviamente Fabrizio de André.
Un paio di settimane fa però ho aggiunto un tassello al mio puzzle, e sono andato a vedere Bonnie "Prince" Billy a Torino... cantante folk-country-rock-e-quant'altro che conosco da appena un paio d'anni ma di cui mi sono innamorato immediatamente. In realtà non ero del tutto convinto di andarci... in base a qualche video amatoriale che avevo visto su Youtube mi ero fatto l'impressione che dal vivo non mi sarebbe piaciuto più di tanto, più che altro per come stravolgeva le sue canzoni. Mi sbagliavo, perché già dal primo pezzo, una sorta di medley di brani diversi, diventavano chiare la potenza, l'intensità e soprattutto l'inaspettata vivacità che avrebbero caratterizzato l'intero concerto, dall'inizio alla fine. È stato un concerto suonato con lo stomaco e con il cuore da musicisti bravissimi, affiatati e appassionati.
A differenza di Cat Power, che ho visto in concerto lo scorso giugno e che, allo stesso modo, riarrangiava pesantamente le proprie canzoni, nel caso di Bonnie "Prince" Billy l'operazione non tradiva un senso di snobismo un po' egocentrico che non lascia alcuna concessione agli spettatori, bensì una sorta di generosità, la generosità di chi suona perché "gli piace farsi ascoltare" e vuole regalare qualcosa di nuovo e inatteso al proprio pubblico. A differenza di Bjork all'Arena di Verona nel 2003, costato assai di più, non è stato un concerto bello ma freddo, distante e (soprattutto) troppo breve. A differenza di Roger Waters a Milano lo scorso aprile, non è stato un concerto-museo... impeccabile ma emozionante solo perché permetteva una visita in territori del passato.
Insomma, quindici euro per un concerto come dovrebbero essere tutti i concerti.

Ecco qui sotto l'inizio ripreso da qualche sconosciuto al concerto (grazie, se capiti di qui)... dal vivo è stato un crescendo strepitoso, in un video amatoriale, purtroppo ma ovviamente, non rende un decimo della sua grandezza (anzi, probabilmente rimarrete delusi, dopo le mie lodi sperticate):

venerdì, maggio 08, 2009

gratis

Ci sta mettendo un po' a ingranare, ma i colori e i profumi sono già decisamente quelli dell'estate.

Sempre a Entracque, vicino all'arco che porta a casa di mio prozio, proprio sopra un muretto su cui sono certo di aver giocato da piccolo, ho notato alcune cassette contenenti delle radici di dahlie. Non so se avete presente come sono fatte... sono tuberiformi, tutte attaccate in delle specie di cespi anche abbastanza grandi. Le cassette erano poste tutte in fila, e lì vicino c'era un cartello scritto a mano che diceva:

PER CHI LE VUOLE - SONO GRATIS

Noi ovviamente ci siamo serviti (con moderazione... abbiamo preso un cespo più grosso e uno più piccino), e le pianteremo al ciabot, che stiamo cercando di abbellire il più possibile con fiori e piante. Ad ogni modo... a meno che non facciano parte di un piano diabolico il cui arcano scopo è propagare per il mondo dei cloni vegetali di Berlusconi o cos'altro... non la trovate una cosa bellissima? Voglio dire, questa generosità così cieca e disinteressata. Non è mica facile essere così. D'accordo che chi le ha tolte dalla terra sicuramente non se ne faceva niente. Però poteva sempre cercare di venderle, regalarle a persone conosciute, oppure semplicemente buttarle via, come sarebbe venuto naturale alla maggior parte delle persone. Invece ha deciso di cederle a dei passanti sconosciuti.
Mi sono chiesto se io ne sarei capace. Silvia mi ha detto: "Beh, potresti farlo anche tu, se ci capitasse di avere delle verdure dell'orto in eccesso... puoi lasciarle lì sotto casa". In un primo momento l'idea mi ha stuzzicato. Poi le faccio: "No, non mi va di regalarle a qualche cliente della gelateria che magari parcheggia davanti al nostro garage" (appena arriva l'estate troviamo puntualmente qualche macchina parcheggiata davanti al garage). E lei, quasi contemporaneamente: "No, alla fine se le prenderebbe tutte quella del piano di sopra" (non abbiamo proprio degli ottimi rapporti di vicinato). E così via...
Ecco, capite cosa intendevo, quando dicevo che non è così facile essere generosi ciecamente e disinteressatamente?

mercoledì, maggio 06, 2009

colori

Un sacco di passeri che sfrecciano nei cespugli.

Domenica scorsa siamo andati in montagna per trascorre una bella giornata tutta per noi, in famiglia. Favoriti dal bel tempo, abbiamo passeggiato con Pietro, lo abbiamo fatto giocare con le fontane, gli abbiamo fatto vedere qualche animale, siamo andati a mangiare fuori con lui e via dicendo. Tra le altre cose, abbiamo fatto un salto a Entracque, perché dovevamo passare in farmacia, e quella di Valdieri era chiusa. A parte una tappa veloce in una giornata di neve di una decina di anni fa, con gli amici, erano davvero molti anni che non andavo a Entracque, e ne avevo perciò un ricordo parecchio confuso. E dire che da piccolo ci andavo abbastanza spesso. Lì il mio prozio Dorino aveva un appartamento, e ogni tanto mi è capitato che i miei nonni mi ci accompagnassero, d'estate. L'appartamento di mio zio dava su una specie di cortile comune, e io giocavo lì con una vicina di casa, una bambina di nome Silvia (ma pensa un po'), che io, con autentico spirito di patata, chiamavo "Salvia". Credo di averla anche vista al funerale di mio zio, ma non ho avuto la certezza che fosse lei finché non ho chiesto a mia madrina. E comunque non avrei saputo cosa dirle. Ricordo poco altro di quel cortile, se non frammenti, vaghe impressioni: ricordo un cane che ululava quando risuonavano le campane, ricordo mio zio che faceva la grappa alla camomilla, forse un aliante giocattolo con le ali di polistirolo, comprato dal tabaccaio che vende un po' di tutto, a Valdieri.
A questo pensavo ieri mentre da Valdieri ci dirigevamo con la macchina verso Entracque, e mi chiedevo se sarei riuscito a ritrovare quella casa in cui non ero stato da anni. E pensare che qualche occasione c'era stata, negli ultimi tempi. Parcheggiando la Micra, scettico al pensiero di riuscire a trovare il posto, mi sono arrabbiato con la memoria. Perché le cose col tempo si dimenticano? mi chiedevo. Perché i momenti vissuti da piccoli, momenti così belli e speciali, finiscono triturati in un magma indistinto? Pensavo al fatto che Pietro non ricorderà nulla di questi (quasi) due anni passati con lui, e la cosa mi rodeva un po'.
Passeggino alla mano, ci siamo messi a cercare la farmacia. Io gettavo l'occhio in ogni cortile, in ogni via traversa, cercando indizi del passato, ma niente: quel paese più carino di quel che mi immaginassi non mi diceva un granché. Un ponte, un parco e un bar hanno acceso una flebile lucina in me, ma non sapevo nemmeno se si riferiva a quel periodo o a quando andavo a sciare con la mia famiglia.
Poi troviamo la farmacia. Silvia entra e io resto fuori con Pietro a farmi un giro. E in quel momento vedo un momento che raffigura un alpino... una scalinata... un portico... un muretto... e subito ho una specie di epifania. Avverto come un calore sgorgare dentro di me, entro nel portico, intravedo una via con in lontananza una statua della Madonna... non è quella, ma quella sotto... le case... i giardini... e all'improvviso so già cosa troverò al fondo di quella via.
Proprio non me l'aspettavo, e ho vissuto quel momento con una certa emozione. Appena Silvia ci ha raggiunti, siamo andati fino alla casa, e ho letto il nome sul campanello. I ricordi legati a quel posto sono rimasti indistinti come prima, ma entrandoci dentro si sono colorati come in un album per bambini. Erano ancora lì, aspettavano solo di essere sfogliati e riempiti.

lunedì, maggio 04, 2009

jack is back

Una bella giornata di maggio.

Guardo questo blog come si guarda un orto lasciato per mesi in mano alle erbacce, che più crescono e meno ti viene voglia di zapparle via... e mi dico: no, non può mica andare avanti così.
Quindi colgo l'occasione dell'arrivo del bel tempo per mettere mano alla zappa e dichiarare guerra alla gramigna: da questa settimana il blog riapre ufficialmente con (almeno) tre post alla settimana. Scritti in anticipo nei rari momenti di ispirazione, probabilmente.
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