Domani compio trent'anni. Non che ci stia a pensare tutto il tempo, ma effettivamente è un traguardo, specialmente se penso al mio immaginario di quando ne avevo meno. In realtà ti senti più o meno uguale a ieri e all'altro ieri, ma se guardi più indietro, vedi che ne sono cambiate un sacco di cose, senza che te ne accorgessi. E i ricordi sono tanti, ma un po' confusi. Vorrei scrivere un pugno di ricordi per ogni anno di vita, come gli anelli di un albero. Non necessariamente i più significativi, ma i primi che mi vengono in mente. Vediamo cosa ne esce fuori.
A zero sono nato, e probabilmente avrò appoggiato il mio culetto nudo su delle coperte arancioni di ciniglia. A uno chissà, sarò stato poco più grande di Pietro, avrò dormito nel lettino bianco in cui ora dorme lui quando sta dai miei, vegliato da mio fratello e da mia sorella, già più grandini. A due di sicuro avevo con me Bubuno, l'orsetto che si succhiava il pollice che compare nella foto del mio secondo compleanno. O era il terzo? A tre... quando ero piccolo, mi sembrava che ogni mio ricordo risalisse a quando avevo tre anni... ad esempio, mi sembrava di averne tre quando sono sceso per la prima volta da solo nella tavernetta (quello che noi chiamiamo "giocobimbi" e non chiedetemi perché) per prendere qualcosa, forse del pongo. A quattro facevo l'asilo... ricordo l'ampia mensa, i gradini in pietra, il budino alla vaniglia, quelli che si portavano l'olio da casa per mangiare la pasta in bianco. A cinque ancora l'asilo, forse non andavo più sul passeggino, ma ne ho comunque un ricordo probabilmente precedente... a ogni modo ricordo quando andavo con mia nonna o Pina lungo la strada estiva, e ricordo un pacchetto di Fonzies. A sei ho iniziato le elementari... ho un ricordo confuso del primo giorno di scuola, ma ricordo quando abbiamo fatto le forme e i colori con dei modellini di legno colorato... forse a quel tempo c'erano le riunioni dell'Ars Musica, in cui cantavano mio padre e mia sorella, e ricordo una bambina di nome Valentina. A sette cos'avrò fatto: di sicuro d'estate i miei nonni venivano a farci giocare nel cortile... e poi il pentolone della conserva e il rifugio che voleva costruire mio fratello... ricordo che una mattina corsi sul terrazzo cercando mia madre e con mia sorpresa vidi che al suo posto c'era mia nonna. A otto anni... terza elementare... il libro di vacanze azzurro d'estate, il bob e la neve con lo zucchero e il limone d'inverno, e probabilmente è stato a quell'età, o poco più tardi, che ho iniziato a suonare il quartino... mio padre mi fece giurare, su un quadro che ritraeva dei funghi appeso nel corridoio della scuola, che mi sarei impegnato a studiarlo... e invece poi mollai. A nove anni forse iniziai a pattinare con lo Skating Roero... ricordo il mio maestro Carmelo, un medico originario di Siracusa. A dieci anni, quinta elementare... qualche gara, forse gli exogini, ma anche il momento forse di poco successivo in cui mi accorsi, guardando la vetrina delle Sorelle Sacchetto, che i giocattoli veri e propri non mi interessavano più... si andava verso le medie e quello strano e un po' ridicolo desiderio di sentirsi più adulti. Undici anni: le figurine degli Sgorbions, l'enorme libro di epica "Dal mito alla storia". Dodici anni: la bicicletta, le estati con Pajo passate a giocare con l'Amiga e i suoi gettoni omaggio per l'autopista. Tredici anni: la fine delle medie, le patatine e la pizza al taglio, il momento in cui mi sono accorto, non riuscendo a distinguere Pajo che mi salutava, che dovevo mettere gli occhiali. Quattordici anni: i romanzi di Stephen King e i Queen... il senso di distacco da un mondo che preannunciava una stagione introversa... l'inizio del liceo scientifico e la scoperta che io di matematica e fisica non capivo un tubo. Quindici anni: i Pink Floyd, le nuove amicizie, io che mi dimentico di essere al volante sul risciò in gita, e finiamo tutti contro un muretto... le prime cotte. Sedici anni: le lezioni di chitarra, presto abbandonate, nella cascina di un fantastico fricchettone roerino, il ritorno al mondo, Peter Gabriel e la world music, la mia prima mostra con i giovani artisti canalesi, all'ex-cinema Odeon. Diciassette anni: la nascita dei Black Riders, il murales in sala prove, gli amici di Canale. Diciott'anni: la leva del '78. Diciannove anni: la gita a Londra, la fine del liceo, la fantastica mostra-discarica all'Odeon da cui è nata l'amicizia con Silvia, il Punto enogastronomico e le ciucche più belle della mia vita, le serate al Macabre con Vaga... e poi l'inizio dell'università, i primi rudimenti di giapponese, la vita torinese, i cinema. Vent'anni: Silvia a colorare qualunque ricordo. Ventun anni: l'eclissi totale a Salisburgo, le Moretti con Ivan, il pellegrinaggio a Bra dei Pamparato Kuh Cowboys. Ventidue anni: il primo viaggio in Giappone e Silvia che trattiene il pianto alla mia partenza e poi scoppia a piangere quando, lo stesso pomeriggio, va a vedersi
Hana-bi. Ventitré anni: il viaggio a Osaka, questa volta con Silvia, e le serate ad Amerika-mura con salsicciotto chimico dei Lawson al mattino e latte al cacao. Ventiquattro anni: il terzo viaggio in Giappone, con Alice, Elisa e Mauro... Yukiko, casa sua e il suo cane Toranpu... fare il cameriere nel ristorante italiano "Al solito posto"... la pedana della Yamanote e la pallina blu. Venticinque anni: la mia laurea e la laurea di Silvia, quando avevo quella caramella giapponese enorme in bocca e la sua relatrice mi chiese qualcosa, e io nel rispondere sembrava che avessi un ascesso enorme... guardare le bottiglie di Frangelico sul nastro trasportatore della Barbero. Ventisei anni: il meraviglioso matrimonio, il distacco dalla casa dei genitori, Roma, Parigi, il lavoro alla Panini. Ventisette anni: il viaggio in Giappone con Silvia e soprattutto
la settimana a percorrere in treno il Giappone sud-occidentale (il link porta al mio resoconto, che ho spedito a un sito di viaggi), tuttora il viaggio più bello della mia vita. Ventotto anni: mentre traduco in cucina al caldo della stufa, Silvia torna a casa dopo aver fatto il test, e dalle sue lacrime capisco che è incinta. Ventinove anni: Pietro.