domenica, luglio 30, 2006

la guerra è finita

C'è il sole in piazza, ma quando stamattina mi sono svegliato per la prima volta, c'era la frescura, il prato, e invece di un soffitto, un albero.
A ritroso: Siamo tornati giù a piedi dalla gran madre, raccogliendo more dai rovi lungo i muri in rovina, per colazione. Il paese era deserto, più antico visto dallo scorcio della torre e del mini-market senza tempo di Lino Palma, chiuso in una bolla di silenzio rotto appena dal battito d'ali delle tortore, francamente mai sentito prima. Erano le sette e mezza, ed era giorno da poco. Ma c'era il cielo stellato mentre salivamo la strada di campagna insieme a Ivan, per poi trovare tutto il popolo notturno dei sabati della Gran Madre su dalla chiesetta in campagna. Ma esausti ci siamo addormentati quasi immediatamente sull'erba. Tornavamo dalle notti rosa (notti rosa?) in Piazza Italia, a festeggiare e ballare insieme agli amici della cucina, viaggiare su carrelli della spesa, imbrattarci e imbrattare con la cioccolata dei dolci, portata su con una ciotola su da via Roma mentre lavapiatti, camerieri e secondi portavano Michela come si fa con la spesa, e io incontravo due ragazzi giapponesi. E avevamo finito di lavorare all'una, dopo un'incursione clandestina e improbabile nella deserta pista del liscio e mille piatti da lavare e bicchieri da asciugare. Una serata movimentata, piena di gente da salutare, incontrare, rivedere; una serata esauritasi ora, nel primo pomeriggio, risvegliati, rigenerati, di ritorno da una lunga e gratificante battaglia che odora di cioccolato fondente.

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