giovedì, settembre 21, 2006

esiti tragici

È tornato il sole, e di giorno si sta abbastanza bene, ma la terra è ancora umida.

Sì, è un po' che non scrivo. D'altronde, in questi giorni non c'è molto da scrivere. Ho ripreso le mie abitudini. Lavoro con calma, magari perdo più tempo al mattino e nel primo pomeriggio, ma recupero continuando fino a tardi. Ho fatto un po' di spesa, in bicicletta, e poi un salto al ciabot. Poi, sotto la doccia, pensavo ai calabroni, e mi sono accorto che ho una forte tendenza a immaginare il tragico. Di ogni situazione mi "diverto" a immaginare sempre i risvolti negativi, i se andasse così e i se fosse andata così più tragici. Per esempio, se penso all'alveare dei calabroni sopra la vasca dell'acqua piovana, mi chiedo cosa sarebbe successo se avessero nidificato sull'altro lato della stanza, nell'angolo invisibile dietro la porta. E allora sarebbe bastato aprire la porticina per urtarlo, e venire assaliti da centinaia di insetti impazziti. E poi mi chiedevo cosa sarebbe stato meglio fare in quel frangente. Forse raggiungere per lo meno la strada, e svenire lì. È una stradina di campagna poco trafficata, ma magari qualcuno sarebbe passato. Mi immaginavo lì, sdraiato sull'asfalto col volto gonfio, tumefatto, irriconoscibile, ad attendere incosciente l'arrivo di un'auto.
Ho sempre avuto questa tendenza. Fa parte dell'ombra, l'animo nero che porto con me nonostante io non mi senta affatto una persona cupa, quello che vibra quando ascolto musiche malinconiche o film drammatici.

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