sabato, aprile 19, 2008

ventinove... trenta

Sole, con una nuvola che fa capolino dal tetto del brutto palazzo di fronte.

Domani compio trent'anni. Non che ci stia a pensare tutto il tempo, ma effettivamente è un traguardo, specialmente se penso al mio immaginario di quando ne avevo meno. In realtà ti senti più o meno uguale a ieri e all'altro ieri, ma se guardi più indietro, vedi che ne sono cambiate un sacco di cose, senza che te ne accorgessi. E i ricordi sono tanti, ma un po' confusi. Vorrei scrivere un pugno di ricordi per ogni anno di vita, come gli anelli di un albero. Non necessariamente i più significativi, ma i primi che mi vengono in mente. Vediamo cosa ne esce fuori.
A zero sono nato, e probabilmente avrò appoggiato il mio culetto nudo su delle coperte arancioni di ciniglia. A uno chissà, sarò stato poco più grande di Pietro, avrò dormito nel lettino bianco in cui ora dorme lui quando sta dai miei, vegliato da mio fratello e da mia sorella, già più grandini. A due di sicuro avevo con me Bubuno, l'orsetto che si succhiava il pollice che compare nella foto del mio secondo compleanno. O era il terzo? A tre... quando ero piccolo, mi sembrava che ogni mio ricordo risalisse a quando avevo tre anni... ad esempio, mi sembrava di averne tre quando sono sceso per la prima volta da solo nella tavernetta (quello che noi chiamiamo "giocobimbi" e non chiedetemi perché) per prendere qualcosa, forse del pongo. A quattro facevo l'asilo... ricordo l'ampia mensa, i gradini in pietra, il budino alla vaniglia, quelli che si portavano l'olio da casa per mangiare la pasta in bianco. A cinque ancora l'asilo, forse non andavo più sul passeggino, ma ne ho comunque un ricordo probabilmente precedente... a ogni modo ricordo quando andavo con mia nonna o Pina lungo la strada estiva, e ricordo un pacchetto di Fonzies. A sei ho iniziato le elementari... ho un ricordo confuso del primo giorno di scuola, ma ricordo quando abbiamo fatto le forme e i colori con dei modellini di legno colorato... forse a quel tempo c'erano le riunioni dell'Ars Musica, in cui cantavano mio padre e mia sorella, e ricordo una bambina di nome Valentina. A sette cos'avrò fatto: di sicuro d'estate i miei nonni venivano a farci giocare nel cortile... e poi il pentolone della conserva e il rifugio che voleva costruire mio fratello... ricordo che una mattina corsi sul terrazzo cercando mia madre e con mia sorpresa vidi che al suo posto c'era mia nonna. A otto anni... terza elementare... il libro di vacanze azzurro d'estate, il bob e la neve con lo zucchero e il limone d'inverno, e probabilmente è stato a quell'età, o poco più tardi, che ho iniziato a suonare il quartino... mio padre mi fece giurare, su un quadro che ritraeva dei funghi appeso nel corridoio della scuola, che mi sarei impegnato a studiarlo... e invece poi mollai. A nove anni forse iniziai a pattinare con lo Skating Roero... ricordo il mio maestro Carmelo, un medico originario di Siracusa. A dieci anni, quinta elementare... qualche gara, forse gli exogini, ma anche il momento forse di poco successivo in cui mi accorsi, guardando la vetrina delle Sorelle Sacchetto, che i giocattoli veri e propri non mi interessavano più... si andava verso le medie e quello strano e un po' ridicolo desiderio di sentirsi più adulti. Undici anni: le figurine degli Sgorbions, l'enorme libro di epica "Dal mito alla storia". Dodici anni: la bicicletta, le estati con Pajo passate a giocare con l'Amiga e i suoi gettoni omaggio per l'autopista. Tredici anni: la fine delle medie, le patatine e la pizza al taglio, il momento in cui mi sono accorto, non riuscendo a distinguere Pajo che mi salutava, che dovevo mettere gli occhiali. Quattordici anni: i romanzi di Stephen King e i Queen... il senso di distacco da un mondo che preannunciava una stagione introversa... l'inizio del liceo scientifico e la scoperta che io di matematica e fisica non capivo un tubo. Quindici anni: i Pink Floyd, le nuove amicizie, io che mi dimentico di essere al volante sul risciò in gita, e finiamo tutti contro un muretto... le prime cotte. Sedici anni: le lezioni di chitarra, presto abbandonate, nella cascina di un fantastico fricchettone roerino, il ritorno al mondo, Peter Gabriel e la world music, la mia prima mostra con i giovani artisti canalesi, all'ex-cinema Odeon. Diciassette anni: la nascita dei Black Riders, il murales in sala prove, gli amici di Canale. Diciott'anni: la leva del '78. Diciannove anni: la gita a Londra, la fine del liceo, la fantastica mostra-discarica all'Odeon da cui è nata l'amicizia con Silvia, il Punto enogastronomico e le ciucche più belle della mia vita, le serate al Macabre con Vaga... e poi l'inizio dell'università, i primi rudimenti di giapponese, la vita torinese, i cinema. Vent'anni: Silvia a colorare qualunque ricordo. Ventun anni: l'eclissi totale a Salisburgo, le Moretti con Ivan, il pellegrinaggio a Bra dei Pamparato Kuh Cowboys. Ventidue anni: il primo viaggio in Giappone e Silvia che trattiene il pianto alla mia partenza e poi scoppia a piangere quando, lo stesso pomeriggio, va a vedersi Hana-bi. Ventitré anni: il viaggio a Osaka, questa volta con Silvia, e le serate ad Amerika-mura con salsicciotto chimico dei Lawson al mattino e latte al cacao. Ventiquattro anni: il terzo viaggio in Giappone, con Alice, Elisa e Mauro... Yukiko, casa sua e il suo cane Toranpu... fare il cameriere nel ristorante italiano "Al solito posto"... la pedana della Yamanote e la pallina blu. Venticinque anni: la mia laurea e la laurea di Silvia, quando avevo quella caramella giapponese enorme in bocca e la sua relatrice mi chiese qualcosa, e io nel rispondere sembrava che avessi un ascesso enorme... guardare le bottiglie di Frangelico sul nastro trasportatore della Barbero. Ventisei anni: il meraviglioso matrimonio, il distacco dalla casa dei genitori, Roma, Parigi, il lavoro alla Panini. Ventisette anni: il viaggio in Giappone con Silvia e soprattutto la settimana a percorrere in treno il Giappone sud-occidentale (il link porta al mio resoconto, che ho spedito a un sito di viaggi), tuttora il viaggio più bello della mia vita. Ventotto anni: mentre traduco in cucina al caldo della stufa, Silvia torna a casa dopo aver fatto il test, e dalle sue lacrime capisco che è incinta. Ventinove anni: Pietro.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

auguri auguri auguri auguri...

cinzia

Anonimo ha detto...

tanti tanti tanti auguri

Riki ha detto...

Che post meraviglioso....

Riki ha detto...

A coltellate? Oddio, sapevo che Silvia sembra solo tenera, in verità è una maestra del combattimento ravvicinato!!!

mendo ha detto...

auguri anche da me.

mapomo ha detto...

Grazie a tutti! E auguri anche a Cinzia (se non sbaglio li compi il giorno dopo di me, vero?)

Anonimo ha detto...

eemmm... sì, grazie... un altro anno da archiviare

Mauro ha detto...

Auguroni!
Come sono contento di essere parte di uno dei tuoi ricordi!
Come sono triste del fatto che tu abbia ancora certe foto a dimostrarlo...

:D

Mauro

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