venerdì, novembre 24, 2006

spazi vuoti e viaggi nel tempo

Se scosto la tenda gialla di fianco a me, il cielo è lievemente grigio, qui a Torino.

È mezzogiorno e sono già esausto. Credo che, finito questo lavoro, mi prenderò un giorno di riposo. Stasera si torna a casa. Mi pesa il viaggio, ma non più stare qua. Un po' perché conosco già il termine di questa permanenza, un po' perché effettivamente mi trovo bene qui, un po' perché abbiamo già impregnato queste mura della nostra presenza, fattasi più flebile, durante questi mesi, nell'appartamento di Canale. E ora che le tartarughe non sono più a casa (e mia madre si è ritrovata con gli ennesimi animali ai quali badare suo malgrado - cani, gatti, uccelli, pesci... un po' di tutto si è trovata tra capo e collo negli anni passati), l'unica presenza viva in quella casa sono le piante, mute e quasi immobili, e a ogni nostro ritorno essa resta immutata e congelata, il che ci rende simili a viaggiatori del tempo. Alla faccia degli incisi... questa frase non finiva più.

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