martedì, novembre 21, 2006

buona novella

Cielo grigio a Torino, e se esco fuori sul ballatoio sento un odore denso di cibo che mi ricorda il Giappone.

Come ho fatto a non pensarci prima, a scrivere da Torino su un file e poi riportare tutto sul blog nel fine settimana?
Ho appena finito di tradurre un fumetto impegnativo, e mi prendo un attimo di pausa prima di iniziare il successivo, altrettanto impegnativo anche se per ragioni diverse. Mi sono seduto sulla poltrona, che qui a Torino non uso quasi mai (anche perché è sempre sommersa di vestiti), e mi sono riascoltato tutto La buona novella di De André, forse il suo album più bello (il che lo candida a essere uno dei più bei dischi mai incisi in assoluto). Ogni singola parola di quell'album è sublime e trova una perfetta collocazione nel testo e nella musica, sia a livello di suono, che di senso, che di preziosità del lessico (forse risultano un tantino datate solo l'iniziale Laudate dominum e la conclusiva Laudate hominem, ma vabbè...). E tanto per restare in tema, mi restano in testa questi stupendi versi de Il ritorno di Giuseppe (per chi, malauguratamente non conoscesse l'album, si ispira ai vangeli apocrifi, ed è la storia “umana” di Gesù scritta dal punto di vista delle persone che lo hanno circondato – Maria, Giuseppe, il falegname che costruì la croce, la folla che assiste alla crocifissione, i due ladroni e le loro madri).
Qui di seguito, i versi che descrivono il momento in cui Giuseppe si accorge della gravidanza di Maria.

“E lo stupore nei tuoi occhi
salì dalle tue mani
che vuote intorno alle sue spalle
si colmarono ai fianchi
della forma precisa
di una vita recente,
di quel segreto che si svela
quando lievita il ventre”

Ecco, a me basta riportare questi versi per sentire un brivido sulla schiena. Non me ne capacito. Al di là dell'indiscussa bravura di tanti altri autori italiani, quando nascerà qualcun altro capace di cantare parole così potenti, così commoventi (qui in Italia e non solo)?

PS.: Ho riportato questi versi solo perché in un certo modo mi riguardano, ma avrei potuto pescare a caso in qualunque altro punto dell'album per trovare parole altrettanto (se non più) splendide e pregnanti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questi versi, tra le altre cose, mi fanno ricordare di me e te che torniamo da omotesando verso shibuya, con due lattine di birra in mano (comprate in fretta e furia prima che i distrubutori alcolici siano misteriosamente messi fuori servizio), e cantiamo de andrè, ubriachi di stanchezza e piano piano rincuorati dalla birra.

alice

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