lunedì, ottobre 11, 2010

epilogo

Quale sipario migliore della coltre di una grigia giornata d'ottobre?

E così, come preannunciato, eccoci alla fine di Strange Weather, un blog che non è riuscito a sopravvivere alle evoluzioni subite negli ultimi anni dalla mia vita, dalla mia persona, dal mio mondo, dal mio modo di vedere le cose, dai miei gusti, dalla quantità di tempo e concentrazione che ho a disposizione. Per quanto sia affezionato a questo blog, non mi ci ritrovo più, e lo sento ormai inadeguato a esprimere il me stesso di oggi laddove mi pareva perfetto per trasferire nell'etere il Mapomo di allora.

Non sto troppo a dilungarmi con le parole di commiato, che ho già espresso qui questa primavera (quando, ahimé, avevo in realtà deciso solo uno degli ultimi due argomenti che avrei effettivamente trattato in questo blog: quello bello). Come già ho scritto, la caratteristica principale di questo blog era, almeno inizialmente, una spiccata eterogeneità negli argomenti trattati. L'unico legame tra i post era l'iniziale commento sul tempo, ma per il resto ho parlato veraemente un po' di tutto, senza un criterio preciso e spesso mettendo più carne al fuoco di quanta ne riuscissi a gestire (innumerevoli le categorie morte sul nascere o quasi). Ecco, dopo questa lunga fase di "sperimentazione", credo di aver capito qual è la cosa su cui voglio continuare a scrivere, quali sono i modi e i tempi che posso permettermi nel farlo e, soprattutto, a quale scopo voglio scrivere.
Per questo motivo ho deciso di abbandonare Strange Weather ma non l'attività di blogger, sperando che il progetto che ho in mente ora non naufraghi alla prima boa.
Progetto che non è ancora nato ma di cui vi segnalo da subito quello che sarà il link:

http://memoria-esterna.blogspot.com

Mi raccomando, ci va il trattino: creandolo ho infatti scoperto che già esisteva un blog con questo nome e che la scelta del titolo si basava più o meno sugli stessi criteri del mio. Per un po' sono stato nel dubbio se cambiare titolo o meno, ma poi ho visto che il mio omonimo conteneva solo due post, l'ultimo dei quali era datato mesi fa... quindi alla fine ho deciso di mantenere la mia scelta.

Saluto tutti i lettori affezionati e quelli che passano di qui per caso.
E' stato bello... grazie di avermi letto.

lunedì, settembre 20, 2010

una nuova gemma

Settembre, mese stupendo. Il tempo si trasforma, ma gli echi dell'estate sono ancora qui.

Come tutti i lettori storici di Strange Weather avranno capito, l'ultimo post di questo blog era da tempo destinato alla nascita di mia figlia. Del resto, la nascita di Pietro era stata raccontata per filo e per segno, e quindi valeva la pena ritardare ancora un po' la chiusura del sipario per non fare torti.
Come Pietro, anche sua sorella si è fatta attendere un po', indugiando ancora una decina di giorni, rispetto alla data presunta, nel confortevole tepore del ventre di Silvia. Inutile dire che, anche in questo caso, l'attesa è stata snervante, ma appena un giorno prima della data stabilita per l'induzione, la piccola ci ha stupiti con una doppia sorpresa: non solo ha deciso di nascere con le proprie forze, ma ha voluto anche recuperare il tempo perduto uscendo in fretta e con una certa delicatezza.

La sera prima era venuto a trovarci un nostro amico ed era stato tutto nella norma. L'unico vaga impressione che potessimo essere prossimi all'evento, mi è stata suscitata dal modo in cui Silvia ha salutato Pietro prima che io lo addormentassi. Non so spiegarmelo, ma sul momento mi è sembrato che inconsciamente sapesse che il giorno seguente non sarebbe stata a casa a dargli il solito buongiorno.
Le prime contrazioni sono arrivate poco dopo, ovvero verso le prime ore del giorno successivo, precisamente intorno alle due di notte del 5 settembre, quasi esattamente a un mese di distanza dall'istante in cui mio padre ci ha lasciati. Non so se questo significhi qualcosa, ma mi piace pensare che questa gradita sorpresa sia stata merito suo.

Sebbene anche nei giorni precedenti ci fossero state delle mini-contrazioni preparatorie che ci avevano messo erroneamente sul chi va là, questa volta non c'è stato dubbio: si trattava di quelle vere, e prima che ce ne accorgessimo avevano già assunto una frequenza di circa dieci minuti. Intorno alle tre eravamo già pronti per partire alla volta di Alba, mentre mia madre vegliava casa nostra su Pietro che dormiva.
Il viaggio, contrazioni a parte, ha goduto di tutta la placida ovattazione di una gita notturna: poco traffico, poche luci, pochi rumori, io e Silvia soli. Casualmente nel lettore CD girava Ask Forgiveness di Bonnie "Prince" Billy, tutto sommato un album dai toni adatti all'occasione. Ricordo che la prima canzone è stata la sua cover di I've seen it all di Bjork. Arrivati ad Alba, ho lasciato Silvia nella sala d'attesa del pronto soccorso, e sono andato a parcheggiare. La sala era affollata dai residui del sabato sera: nasi rotti e via dicendo. Silvia ha preferito fare a piedi tutto il lungo tragitto che porta al reparto di ginecologia, nonostante il ravvicinarsi e l'intensificarsi delle contrazioni. Gli ampi e semibui corridoi dell'ospedale deserto in una sera d'estate avevano un'aria insieme placida e sinistra.
Giunti a destinazione, un'ostetrica ci ha fatti accomodare nella confortevole sala parto che, al tempo di Pietro, stavano rimettendo a nuovo. Ammetto di aver controllato, come prima cosa, che ci fosse il lettore CD: è stato più forte di me, ma del resto avevamo concordato la nostra playlist più di un mese prima... ahem. Comunque, se l'altra volta il dolore delle contrazioni era stato ammorbidito dalle note delicate di Pink Moon di Nick Drake, e Pietro era poi stato salutato dalla voce di Billie Holiday, questa volta la nostra accurata scelta congiunta era caduta su Secrets of the Beehive di David Sylvian, Master and Everyone del solito Bonnie "Prince" Billy, Beautiful Collision di Bic Runga e Our Endless Numbered Days degli Iron & Wine, tenendo come riserva anche lo stesso Pink Moon, visto che aveva svolto egregiamente il suo compito tre anni prima. Ovviamente, la speranza era quella di non doverli usare tutti, ma dopo la lunga esperienza di Pietro, non pensavamo che saremmo stati così fortunati da non avere il tempo di ascoltarne nemmeno uno!

Insomma, per farla breve, Gemma è stata una scheggia. Quando ci siamo sistemati in sala parto credo che fossero quasi le quattro di mattina, e poco meno di due ore dopo, verso le sei meno un quarto, la nostra bimba era già tra le braccia di sua madre. Sebbene il travaglio, come ogni travaglio, non sia stato indolore, si è svolto con incredibile naturalezza, scioltezza e rapidità. Anche per quanto mi riguarda, non ho nemmeno dovuto fare molto, salvo porgere le mani a Silvia quando arrivavano le contrazioni affinché potesse stringerle, e offrirle una spalla da mordere in un paio di occasioni al massimo (nulla a confronto di ciò che hanno dovuto subire qualche giorno dopo il marito e le ostetriche della futura compagna di stanza di Silvia).
Quando l'ostetrica ha che poteva iniziare a spingere, Silvia l'ha guardata incredula, e poco dopo ha lanciato un unico lungo grido. Ho alzato lo sguardo e, non so perché, per un attimo mi è sembrata una fiera guerriera pellerossa. Altrettanto increduli siamo stati entrambi quando, ancor prima di vederla (Silvia si abbracciava alle mie spalle, per cui né io né lei vedevamo ciò che accadeva più in giù), abbiamo sentito il primo vagito. In un soffio Gemma era già lì, adagiata sul lettino, piccina, pulita, carina e così terribilmente somigliante a Pietro. Siamo rimasti lì tutti e tre nella tranquillità della sala parto, nelle prime ore del mattino.

Ora Gemma è qui a casa con noi. La permanenza di Silvia in ospedale è stata un po' dura per Pietro, ma io e lui ce la siamo cavata abbastanza bene, a casa da soli. Certo, com'è naturale che sia, si vede benissimo che un po' patisce a dover divedere la sua mamma con qualcun altro, ma devo dire che finora il nostro bimbo si è comportato con una certa maturità, non facendo nemmeno i capricci in occasione dei primi giorni d'asilo, sebbene i due "traumatici" eventi si siano verificati a brevissima distanza l'uno dall'altro. Qualche volta ha tentato persino di consolare la sorellina esortandoci a prenderla in braccio quando lei piangeva o dicendole: "Non piangere! Ci sono qua io!". Dal canto nostro, stiamo cercando di coinvolgerlo il più possibile e di non fargli mancare troppo la nostra presenza. Inutile dire che le nostre giornate sono molto, molto lunghe.

Tengo in braccio mia figlia, la guardo, così simile a Pietro, così tranquilla, soffice e dolce, penso a tutti i giorni che verranno, al processo di crescita appena iniziato. Mentre cullandola sfoggio in semi-automatico il mio ormai consolidato repertorio canoro, mi chiedo, dopo i tre anni vissuti con Pietro, come sarà con una femmina. La guardo negli occhi e mi chiedo cosa veda in me e come vedrà suo padre quando sarà grande. Sento i suoi esili squittii e i suoi sonori pianti in cerca del pupo, e mi chiedo come sarà la sua voce. Me la immagino giocare con Pietro tra qualche anno, quando saranno entrambi più grandi, e mi viene da chiedermi come evolverà il mondo intorno a me nell'arco di tempo così lungo eppure così breve di tre anni, prima che io possa vederla come vedo Pietro ora. Nell'arco degli ultimi tre ne sono cambiate tante, tantissime, di cose. Loro intanto crescono, e noi cerchiamo di concentrarci su di loro.

Grazie per essere qui, Gemma. Il tuo nome, che abbiamo cercato di tenere nascosto fino all'ultimo, era il nome di tua bisnonna. L'abbiamo scelto non solo perché ci piaceva (personalmente amo i nomi semplici, brevi, con un'etimologia chiara e ancor meglio se con rimandi al mondo naturale) e perché faceva il paio con Pietro, di cui può essere anche inteso, in una delle sue accezioni, come una variante femminile. L'abbiamo scelto anche perché volevamo che, in questa gemma che va schiudendosi verso il futuro, fosse presente un legame con il passato. Perché, se mi è concessa la banalità, la pianta su cui sbocci non sia priva di radici.

martedì, agosto 10, 2010

papà

Quella notte d'improvviso è iniziato a piovere, e noi con esso.

Da tempo ormai avevo deciso quali sarebbero stati i due argomenti che avrei trattato rispettivamente negli ultimi due post, quelli che avevo promesso di scrivere prima di chiudere questo blog. Avrei tanto voluto che l'ordine fosse stato inverso, ma il destino ha deciso diversamente.

Dedico dunque questo mio post al mio amato padre Bartolomeo, mancato, dopo un anno di malattia e tribolazioni, all'una e quaranta del mattino del 5 agosto 2010. Dopo una mattinata travagliata, nel primo pomeriggio del 4 si era finalmente assopito al fresco del mio ventaglio, e il suo volto aveva ritrovato quella stessa espressione di rinnovata giovinezza e serenità che egli ha mantenuto nella morte, avvenuta nel suo letto e alla presenza dei suoi cari, come voleva lui. La nostra ultima straziante conversazione si era tenuta circa una settimana prima, allorché mi chiese come avrei chiamato la mia nuova figlia, e mi confessò che avrebbe tanto voluto restare con noi ancora qualche anno. Posso solo immaginare quanto dev'essere stata penosa per lui l'idea di separarsi dai suoi adorati nipotini, ancora così piccoli.
L'ultimo libro che mio padre ha letto è stato Memorabili di Senofonte. L'ultimo CD che ha ascoltato conteneva le sinfonie No. 59, 49 e 58 di Franz Joseph Haydn. L'ultimo albero da frutto da lui piantato, un melo.
Non sapendo da che parte iniziare nell'affrontare un argomento che richiederebbe uno spazio ben maggiore, provo a scavare tra i sentimenti che ora si affollano dentro di me, mentre piano piano si posano le ceneri del caos generato inizialmente dal trauma. Il primo a emergere è naturalmente il senso di vuoto, la tangibilità del cratere che ora, per la prima volta dopo trentadue anni, si è creato nella mia esistenza. Guardo con apprensione e timore al futuro evirato della presenza di mio padre. Mi sento sperduto, di fronte all'interruzione dei suoi insegnamenti. E provo quasi un senso di ribrezzo, nei confronti di ciò che è rimasto, degli oggetti inutilizzati, delle cose senza padrone. Ogni oggetto emana una fosforescenza di rimandi e di ricordi, e mi domanda cosa ne faremo ora. Mi chiedo quanto tempo dovrà passare prima che tale incandescenza si raffreddi, e ogni cosa possa essere vista e utilizzata per ciò che è e rappresenta.
E' più difficile di quel che sembri, e tale difficoltà è accentuata dal fatto che mio padre era un uomo animato da mille interessi, da innumerevoli bizzarri "balìn" che fioccavano di anno in anno: la sua curiosità intellettuale spaziava dalla musica sinfonica alla letteratura classica, dalla filosofia alla religione, dalla fotografia all'astronomia, dall'agricoltura alla micologia, dal buon cibo alla degustazione dei vini, dai viaggi ad accenni di entomologia prematuramente interrotti. E poi ancora l'alpinismo, lo sci di fondo, il ciclismo, il tennis, il jogging, un rudimentale pattinaggio e soprattutto le passeggiate in campagna col suo amato san bernardo Moloch, che si faceva sempre tirare per poi precederlo verso la meta finale circa un anno fa. Per non parlare dei suoi bizzarri esperimenti nei campi della cucina e del bricolage, campi nei quali era assolutamente negato e che produssero disastrosi frutti difficilmente dimenticabili. Infine le collezioni di coltelli, di orologi a cipolla, gli alberi genealogici e la storia del territorio, la mania della catalogazione e dell'archiviazione, un passato da amministratore comunale e chissà cos'altro sto dimenticando ora. Tutte passioni coltivate talvolta con duratura costanza, talvolta con effimera superficialità, ma che hanno e continuano rilasciare miriadi di spore e tracce tangibili con le quali ora io e la mia famiglia dovremo confrontarci.
La mancanza non riguarda solo i suoi numerosi pregi di uomo rusticamente semplice eppure estremamente brillante, di medico professionale e competente, di intellettuale dalle mille risorse (pregi che gli hanno guadagnato stima e affetto da parte di molti colleghi e compaesani): la mancanza riguarda ugualmente, e forse più, i suoi altrettanto innumerevoli difetti, quelli che si manifestavano per lo più nella sfera privata e domestica. Tali difetti, che talvolta lo facevano apparire più simile a un Homer Simpson in carne ed ossa, oppure, a tratti, a una sorta di Alberto Sordi piemontese, gli conferivano un'aura di fragile umanità che era per me motivo di immenso amore, tenerezza e simpatia.
In questi giorni mi sono chiesto quale sarà la cosa che mi mancherà più di lui. Credo che sia il suo formidabile senso dell'umorismo, perché, a parte tutto, mio padre era una delle persone più divertenti che conoscessi. Adoravo le sue calcolate esagerazioni circa le proprie doti ("Il martello di Dio" si faceva chiamare quando giocava a tennis; "The Voice" quando cantava De André accompagnato da mia sorella al piano; quando faceva ciclismo, ci sfidava scherzosamente a tastare la durezza del suo polpaccio; ci narrava che da giovane, giocando a calcio, aveva preso col pallone una traversa con una potenza tale che la porta tremava ancora a decenni di distanza).
Mi terrò stretti tutti i pregi e i difetti che lui mi ha geneticamente o culturalmente trasmesso. Perché è la parte di lui che ancora vive in me e che, insieme a tutto ciò che ha avuto il tempo di insegnarmi nei trentadue anni della mia vita, io cercherò di trasmettere ai miei figli.
Nella disgrazia, mi ritengo fortunato di avere avuto l'opportunità di godermi mio padre per diversi mesi dopo la traumatica notizia di un anno fa, e di averlo potuto fare con la consapevolezza necessaria per non lasciarmi sfuggire tutte le occasioni di momenti importanti e felici. Abbiamo passato delle ore belle e istruttive in giardino, nell'orto, nel frutteto. Ricordo con piacere quella faticosa mattinata spesa nel quasi comico tentativo di estrarre un enorme sasso dal terreno per fare spazio a una pianta.
Ciao papà, ti ho voluto tanto bene, e ti ringrazio per tutto quello che ci hai dato. Eri così bello sul letto di morte, che è stato ancora più difficile lasciarti.

Ti saluto con un brano che, tanti anni fa, mi facesti ascoltare in salotto, dicendomi che musiche così tristi forse dovrebbero proibirle.

sabato, aprile 24, 2010

che scivolò nel fiume a primavera

Dopo la pioggia di ieri, il sole è tornato prepotente.

Questo post non rientra nel conto alla rovescia che chiude il sipario sul mio blog.
Giovedì 22 Aprile mi è giunta la notizia che Marinella, mia madrina, cugina prima di mia madre, era mancata dopo aver lottato contro un tumore per due anni, con una forza e un coraggio che non immaginavo avesse.
Marinella, la donna che mi tiene in braccio nella foto qui a fianco (insieme a mio padrino), era la unica figlia di mio zio Dorino, di cui avevo già parlato qualche tempo fa su questo blog. Viveva a Terni, quindi non la vedevo spesso. Ultimamente, poi, ci si vedeva più che altro nella cornice di ricorrenze spesso più tristi che liete.
Di Marinella ricorderò gli occhi chiari e allungati, la chioma rossa d'un tempo, l'abbigliamento anni Ottanta di quand'ero bambino e quella voce calda e sonora, dal tono gentile, dal timbro un po' particolare, dall'accento inconfondibilmente piemontese.

Quando facevo le medie, mi regalò un gioco da tavolo chiamato "Inkognito". Una specie di "Cluedo" ma più complesso. Mi ha sempre affascinato perché era un gioco di spie ambientato durante il Carnevale di Venezia. Ci ho giocato per la prima volta a distanza di dieci anni, perché bisognava essere per forza in tre o quattro, e non riuscivo mai a trovare qualcuno che avesse voglia di impararsi le regole. Ce l'ho ancora da qualche parte e lo terrò per ricordo.

Ieri sera, durante il rosario nella cappellina di Canale, mi sono reso conto di essere seduto quasi nello stesso punto in cui era seduta lei al mio battesimo, come mostra una foto di trentadue anni fa. La circolarità della cosa mi ha colpito, e mi è sembrato di cogliere il significato delle cerimonie nella vita di una persona.
Il ricordo più intenso che serberò di Marinella è la forza del suo abbraccio al funerale di mio zio Dorino.

giovedì, aprile 22, 2010

terzultimo

I primi caldi della primavera inoltrata. Il momento in cui mi godo davvero l'estate imminente. Più avanti, inizierò già a pensare a quando sarà finita.

Tap tap tap.
Clack. Claclack claclack.
Gneeeeeeek.
Ehm... c'è qualcuno?

Come forse si sarà capito, ho deciso di chiudere questo blog e di finirla col tira-e-molla. Sono passati quasi quattro anni da quando l'ho iniziato (era il luglio del 2006, all'indomani della morte di Syd Barrett, se ricordo bene), mi ha procurato molte soddisfazioni e, confesso, è durato molto più di quel che pensassi. Tra poco però si chiude il sipario.
Ho parlato di tante cose, qui dentro, intercettando anche alcuni momenti cruciali della mia vita, come la nostra bella parentesi torinese e, soprattutto, la nascita di Pietro. Ho scritto di vita quotidiana, di ricordi, di esperienze, della mia famiglia, del mio orto. Di musica, libri, cinema, politica, fumetti, cucina, chiavi di ricerca, viaggi. Ho parlato di un po' di tutto, effettivamente, e senza un criterio preciso. L'unica costante è stato il commento sul tempo iniziale, tanto per giustificare il titolo del blog (ispirato a una splendida canzone di Tom Waits). Questo blog è stato seguito da qualche amico e parente, qualche conoscente inaspettato, da occasionali naviganti del web e, negli ultimi tempi, da alcuni amici iscritti a Facebook. I suoi post sono stati commentati per lo più da altri amici blogger, in testa Alice, Riki e Mauso, seguiti da Mattia, Cinzia, Gianluca e Vaga.
Insomma, è stata una bella esperienza... e allora perché chiuderla? La ragione principale è la voglia. Più scrivi e più scriveresti. Meno scrivi, più ti allontani dai binari sui quali viaggia il tuo blog. Almeno per me è così. In un primo tempo, quindi, sono stato allontanato dalla scrittura da impegni lavorativi e, soprattutto, dalla stesura di un saggio cinematografico che mi ha tenuto impegnato per un anno e mezzo. E quando sono tornato, c'era già troppa polvere qui dentro, e siccome non mi piace fare le pulizie, ho preferito restare fuori casa.
Ultimamente, poi, altri impegni si sono aggiunti al lavoro, alla famiglia e all'orto... ma, in tutta franchezza, se davvero volessi, il tempo per un paio di post la settimana lo troverei.
Ci sono infatti anche altri motivi. Per esempio il fatto che di alcuni argomenti, che un tempo mi appassionavano, non ho più voglia di parlare. Uno di questi è la politica. Mi sono stufato di usare questo blog per affermare narcisisticamente la mia appartenenza o il mio dissenso, e ancora di più di fare il ripetitore di un'indignazione spesso a comando. Per quello ci sono già i gruppi Facebook, e anche da quelli ho imparato a tenermi alla larga. Insomma, dal punto di vista della politica nazionale sto attraversando una fase di apatica riflessione che mi toglie la voglia di parlarne qui. Ho provato più di una volta a commentare ciò che stava accadendo in Italia negli ultimi tempi, ma poi le mie parole mi sembravano inadeguate, e quindi desistevo. O sai scrivere di politica (e io non ne sono capace), mi dicevo, oppure, piuttosto di copincollare un link o di lasciare un breve e scontato commento emotivo, taci. Difatti ho taciuto.
Un altro argomento è la vita privata, forse quello che in passato mi divertiva di più, insieme ai ricordi. Ebbene, mi è passata un po' la voglia di tenere un diario della mia vita privata, almeno non così, non tra una recensione e un commento di attualità. Se deciderò di aprire un altro diario in rete, in futuro, probabilmente sarà soltanto quello. Stessa cosa per argomenti come la musica o il cinema. Se deciderò di scrivere ancora di musica o di cinema, magari lo farò in maniera più seria e articolata, e in un blog apposito. A proposito, il mio amico Mana ha di recente aperto un bel blog su questi argomenti. Andate a visitarlo, mi raccomando.
Detto questo, c'è modo e modo di lasciarsi, e se non riesco a farlo con stile, proverò almeno a farlo con un po' di dignità. Perciò questo non è l'ultimo post, bensì il terzultimo. Prima di salutarvi definitivamente, scriverò ancora su due argomenti importanti (uno in particolare) ai quali non ho mai fatto cenno su queste pagine.
Ai prossimi giorni, dunque.

sabato, gennaio 09, 2010

tempo di bilanci 2009 e anni zero: 1 (musica)

Piove sulla neve.

Il 2009 è stato un anno che ha richiesto molta concentrazione. Per questo motivo, forse, ho dedicato alla musica meno tempo del solito, specialmente in alcuni orari della giornata. Più che altro, a risentirne è stata la mia sete di scoprire cose nuove, ma a questo ha ovviato il mio amico Mana, che mi ha passato alcuni album di grande interesse che, in tutta probabilità, dopo il necessario periodo di rodaggio, entreranno a far parte dell'olimpo dei miei preferiti.
Ad ogni modo, mi risulta difficile stilare una top ten delle uscite di quest'anno. Per fare una selezione di dieci titoli, dovrei averne apprezzati molti di più, e non è così. Ho ascoltato molte cose belle, ne ho conosciute di valide e alcune uscite di autori conosciuti hanno confermato il mio amore per quel determinato gruppo o quel cantante, però... vabbe', insomma, una top ten del 2009 non riesco a farla, perciò mi limito a dire che gli album del 2009 che ho ascoltato di più sono sicuramente Beware di Bonnie "Prince" Billy, Fever Ray della cantante dei Knife, Good Morning Jokers dei Mi and L'au, The Duckworth Lewis Method dell'omonimo gruppo e, infine, la compilation Dark Was the Night. Un altro album che mi è piaciuto molto è The Conformists di Doveman. Queste sono le uniche certezze, per ora... quindi mi fermo qui.
Per quanto riguarda le delusioni del 2009, le più grandi provengono da due degli autori che ho amato di più negli ultimi anni: Micah P. Hinson e Sufjan Stevens. Il primo ha realizzato un trascurabilissimo album di cover (All Dressed Up And Smelling of Strangers), quasi fastidioso nella sua banalità. Il secondo continua a tergiversare con progetti minori (ben due: Run Rabbit Run e The BQE), mentre noi fremiamo nell'attesa di un nuovo Illinoise da quasi cinque anni.

2000/2009
Ma naturalmente il 2009 rappresenta anche la fine di un decennio musicale. Anche se nell'arco di dieci anni i gusti musicali cambiano direzione, mutano e si evolvono, e quindi la cosa si fa un po' più complessa, per lo meno ho più materiale da selezionare per stilare una vera e propria classifica. Una top 10 mi sembrava troppo poco... quindi ho deciso di buttare giù una top 5 che comprende i cinque album che più ho amato del decennio... e in coda ne infilo altri dieci quasi altrettanto amati. Naturalmente la classifica non vuole comprende le cose migliori in assoluto realizzate in questo decennio, ma solo le mie personali preferenze, ovvero quegli album che ho davvero amato e ascoltato di più nel corso del decennio. Oltre alle cose che esulano dalle mie conoscenze ci sono infatti un sacco di album dei quali riconosco la bellezza ma che non sono riusciti ad attecchire nella mia sensibilità (penso ad esempio a un gruppo come gli Animal Collective, che trovo obiettivamente bravi ma che, alla fine della fiera, mi annoiano). Ho lasciato volutamente fuori quasi tutte le cose di quest'anno e quelle conosciute solo di recente, perché necessitano ancora di un po' di assimilazione. Ho mantenuto solo quello dei Mi and L'au che forse è quello che più mi ha colpito tra gli album dello scorso anno. Ho anche deciso di inserire un solo album per artista... va da sé che molti di essi dovrebbero contare almeno un parimerito tra i propri consanguinei.

Ecco dunque i cinque album del decennio che ho sentito e apprezzato maggiormente:

Sufjan Stevens, Come on, Feel the Illinoise! (2005)
Cat Power, You Are Free (2003)
Bonnie "Prince" Billy, The Letting Go (2006)
Tunng, Comments of the Inner Chorus (2006)
Micah P. Hinson and the Gospel of Progress, Micah P. Hinson and the Gospel of Progress (2004)

Sulle prime quattro posizioni non ho alcun dubbio. La quinta mi ha lasciato un po' indeciso... quindi fate conto che potrebbe essere tranquillamente sostituita da alcuni degli album qui sotto.

E ora gli altri dieci (in ordine casuale):

Blonde Redhead, Melody of Certain Damaged Lemons (2000)
Radiohead, In Rainbows (2007)
The Knife, Deep Cuts (2003)
Baustelle, Sussidiario illustrato della giovinezza (2000)
The National, Boxer (2007)
Ardecore, Ardecore (2005)
Johnny Cash, The Man Comes Around (2002)
Iron & Wine, Our Endless Numbered Days (2004)
Bright Eyes, I'm Wide Awake It's Morning (2005)
Mi and L'au, Good Morning Jokers (2009)

Sicuramente ho dimenticato qualcosa, ma pazienza.

mercoledì, gennaio 06, 2010

buon anno

C'è il sole, ma ho chiuso la tapparella perché mi dava fastidio il riflesso sullo schermo.

Buon anno. Sì, lo so che sono in ritardo. Ma prima o non ero a casa o ero occupato col lavoro, o entrambi. Anche adesso sono occupato col lavoro, in realtà. Ma ho deciso che non potevo aspettare ancora a fare gli auguri.
In realtà le mie intenzioni iniziali erano di terminare il 2009 con una serie di post corposi in cui facevo un po' il bilancio dell'anno e del decennio sotto diversi punti di vista (uh, che idea originale), ma poi ho avuto davvero troppo da fare e amen. Non importa, ci provo da domani, con molta calma e senza scadenze. Così l'anno è finito davvero e non ho rischiato di perdermi qualcosa dell'ultimo minuto.
Quali argomenti potrei toccare? Uhm... uhm... beh, sicuramente la sfera personale... la musica... la politica (qui vediamo)... il cinema... le migliori chiavi di ricerca che hanno portato a Strange Weather nell'arco dell'anno... ok, ci siamo, ora devo solo farlo.
Nel frattempo, buon 2010.

giovedì, dicembre 24, 2009

auguri

Piove? Ma è Natale o il giorno dei morti?

Come al solito, la vigilia di Natale sono sempre di corsa per un motivo o per l'altro. Questa volta, per esempio, mi si è otturato lo scarico del bagno quindi ho perso tutta la mattina per stare dietro alla cosa, che di per sé non era nemmeno molto natalizia. Quindi ora, dopo aver terminato di tradurre un lavoro altrettanto disgustoso, scappo a finire di impacchettare, fare visite e quant'altro... ma non prima di fare gli auguri a quelli che ancora seguono questo blog. E poi non dite che non trovo il tempo per voi. Buon Natale!

martedì, dicembre 22, 2009

solstizio d'inverno

Il sole sulla neve. Devo fare attenzioe a non scivolare lungo via Mompissano.

Un titolo un po' alla Ozu.
Ieri era il giorno più corto dell'anno. Ogni anno, arrivato a questo punto, provo un senso di sollievo, come un nuotatore che raggiunge la boa e si appresta a tornare indietro (e io tra l'altro non so nuotare). Poco importa se il vero inverno inizia solo adesso e le giornate resteranno quasi immutabilmente buie e fredde per parecchio tempo. Il solo fatto di sapere che oggi la sera non scenderà ancora prima di ieri, mi rasserena.

giovedì, dicembre 17, 2009

dimensione parallela

Il respiro gelido di dicembre si infilava sotto la cuffia, ed erano le ore più calde della giornata.

All'indomani dell'incidente Berlusconi-Tartaglia-Duomo di Milano, avevo iniziato a scrivere un post sull'argomento. Poi però mi è passata la voglia.
Perciò parliamo di qualcosa di completamente diverso.
La settimana scorsa sono uscito nel gelo della sera per portare fuori l'immondizia, che normalmente lascio lungo Via Vecchie Mura, a tre metri dalla porta di casa. Quando ho fatto per rientrare, mi sono ritrovato la porta d'ingresso chiusa. La cosa mi ha lasciato un po' spaesato, perché quando vado a lasciare il sacco dell'immondizia non la chiudo mai, visto che è solo questione di un attimo.
Non so perché, ma la cosa mi è parsa innaturale. Allora ho iniziato a fantasticare come mio solito, e ho pensato che magari, una volta tornato di sopra, avrei scoperto di essere stato via per dieci anni, trovando una Silvia quasi quarantenne e un Pietro che ormai frequentava le scuole medie. Oppure che magari mi sarebbe sembrato tutto normale, solo per accorgermi, dopo un paio d'ore, al momento di far fare la cacca a Pietro, di essere capitato in una dimensione parallela in cui tutto è identico a questa, tranne il fatto che lì i bimbi hanno la coda.
A cosa non si pensa, pur di non pensare al presente.

lunedì, dicembre 14, 2009

alfabeto (3)

Stamattina ho visto qualche fiocco di neve leggerissimo e isolato scendere flemmaticamente mentre ascoltavo i Mi and L'au.

Dall'ultima volta che ho fatto il punto della situazione su Pietro è ormai passato un sacco di tempo. A dire il vero, è una cosa che perde un po' di senso, a quasi due anni e mezzo di età, più che altro per il fatto che ormai il grosso delle vere e proprie novità (prime parole, primi dentini, ecc) è passato, e da questo punto in avanti si tratta più che altro di consolidare e perfezionare processi già avviati. Ad ogni modo, visto che la memoria non è dalla nostra parte e vista la velocità con cui cambiano ed evolvono i bambini, avere qualche appunto scritto può tornare utile.
A quasi due anni e mezzo, Pietro:

a) Parla, e parla un sacco. Non solo conosce un sacco di parole di uso quotidiano, nomi di animali, ecc, ma formula anche delle frasi, ed è uno spasso sentirlo.

b) Ovviamente non parla ancora perfettamente, ad esempio dice la "l" al posto della "r"... ma sta smettendo di dire la "s" al posto della "f" (prima tirava fuori fantastici neologismi come "sarsalla" e "sormica).

c) Non solo: conosce anche i testi di un sacco di canzoni. Del resto mi sembra il minimo, con tutte le ore passate ad addormentarlo cantando! Tra quelle che sa meglio, oltre a praticamente tutta la colonna sonora di Nightmare Before Christmas, ci sono "Onda su onda" (Paolo Conte), "Il caffè della Peppina" (Zecchino d'Oro), "Son tre notti che non dormo", "Quel mazzolin di fiori"... e la canzone delle dita.

d) Ciò significa che Pietro, oltre a parlare, canta. Canta a modo suo. Azzecca tempi e ritmi, ma le note sono pressoché le stesse due per tutte le canzoni. Sì, devo dire che ha un senso del ritmo migliore del mio (che è un disastro).

e) Sa mangiare da solo con forchetta e cucchiaio.

f) Adora la cucina giapponese: pesce crudo, alghe wakame, riso bollito, salsa di soia, salsa tonkatsu, zuppa di miso, soba... portarlo al ristorante giapponese è stata una vera soddisfazione.

g) Mangia un po' di tutto (specie verdura e frutta), ma detesta i formaggi (a parte lo stracchino). Gli piacciono il miele e il cioccolato.

h) Sa sbucciare un mandarino, e dopo averlo mangiato va a buttare le bucce, rigorosamente nel cestino dell'umido.

i) Effettivamente, per certe cose è molto ordinato, ed è molto attento nell'imitarci e nell'imitare quel che facciamo (a parte il fatto che io NON sono ordinato). Se scarta qualcosa, poi butta sempre la confezione nel cestino.

l) Gli piacciono ancora molto i mostri (ma delle streghe inizia ad avere paura), e ora va matto per i pesci degli abissi (al compleanno gli ho regalato un dvd fantastico). Quando vede il "melanoceto" esclama entusiasta: "Papà, che brutto quel pesce! Paletta!".

m) Da qualche mese dorme in camera sua nel letto (non più il lettino)... qualche volta è rotolato giù, ma abbiamo attutito la caduta con delle specie di tatami.

n) Ora di notte dorme con una certa regolarità, e si sveglia al massimo una o due volte. Quando si sveglia, stranamente non viene da solo nel lettone, ma chiama timidamente, o a volte resta lì seduto sul letto ad aspettare.

o) Continua ad addormentarsi piuttosto tardi... in media verso le 23:30. In compenso però ha imparato a stare relativamente buono se per caso decidiamo di guardare un film.

p) Finalmente inizia a interessarsi anche alle fiabe lette, e non solo a quelle raccontate e alle canzoni, prima di fare la nanna. Ciò facilita un po' le cose.

q) Sa comporre un puzzle! Ha iniziato con quelli da sei pezzi, e ora riesce a farne uno da venti tutto da solo.

r) Fa la cacca e la pipì nel vasino, quindi ora tiene il pannolino solo di notte. Certo, per ora siamo noi a ricordarci di fargliela fare, e solo raramente è lui a chiedere di andare in bagno... quindi qualche volta se le fa ancora addosso. Però diciamo che ha capito il meccanismo.

s) Abbiamo scoperto che, oltre all'acaro della polvere, è allergico alle noci. Se per caso ne mangia un solo pezzetto, gli viene tutto uno sfogo intorno alla bocca.

t) è affezionatissimo ai suoi fantastici genitori.

u) ancora non ama molto i bambini più piccoli di lui, che guarda con diffidenza, ma quelli appena un po' più grandi (dai tre anni in su) li adora.

v) è socievole, ma inizialmente abbastanza timido e orso (come il papà)

z) pronuncia divertito alcune espressioni in piemontese come (traslittero un po' a caso): "sati torna si?!" (sei di nuovo qui?!), "piant'la lì" (smettila), "bòia 'sasin"(boia assassino) e "pisacol" (pisciasotto).
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