lunedì, settembre 20, 2010

una nuova gemma

Settembre, mese stupendo. Il tempo si trasforma, ma gli echi dell'estate sono ancora qui.

Come tutti i lettori storici di Strange Weather avranno capito, l'ultimo post di questo blog era da tempo destinato alla nascita di mia figlia. Del resto, la nascita di Pietro era stata raccontata per filo e per segno, e quindi valeva la pena ritardare ancora un po' la chiusura del sipario per non fare torti.
Come Pietro, anche sua sorella si è fatta attendere un po', indugiando ancora una decina di giorni, rispetto alla data presunta, nel confortevole tepore del ventre di Silvia. Inutile dire che, anche in questo caso, l'attesa è stata snervante, ma appena un giorno prima della data stabilita per l'induzione, la piccola ci ha stupiti con una doppia sorpresa: non solo ha deciso di nascere con le proprie forze, ma ha voluto anche recuperare il tempo perduto uscendo in fretta e con una certa delicatezza.

La sera prima era venuto a trovarci un nostro amico ed era stato tutto nella norma. L'unico vaga impressione che potessimo essere prossimi all'evento, mi è stata suscitata dal modo in cui Silvia ha salutato Pietro prima che io lo addormentassi. Non so spiegarmelo, ma sul momento mi è sembrato che inconsciamente sapesse che il giorno seguente non sarebbe stata a casa a dargli il solito buongiorno.
Le prime contrazioni sono arrivate poco dopo, ovvero verso le prime ore del giorno successivo, precisamente intorno alle due di notte del 5 settembre, quasi esattamente a un mese di distanza dall'istante in cui mio padre ci ha lasciati. Non so se questo significhi qualcosa, ma mi piace pensare che questa gradita sorpresa sia stata merito suo.

Sebbene anche nei giorni precedenti ci fossero state delle mini-contrazioni preparatorie che ci avevano messo erroneamente sul chi va là, questa volta non c'è stato dubbio: si trattava di quelle vere, e prima che ce ne accorgessimo avevano già assunto una frequenza di circa dieci minuti. Intorno alle tre eravamo già pronti per partire alla volta di Alba, mentre mia madre vegliava casa nostra su Pietro che dormiva.
Il viaggio, contrazioni a parte, ha goduto di tutta la placida ovattazione di una gita notturna: poco traffico, poche luci, pochi rumori, io e Silvia soli. Casualmente nel lettore CD girava Ask Forgiveness di Bonnie "Prince" Billy, tutto sommato un album dai toni adatti all'occasione. Ricordo che la prima canzone è stata la sua cover di I've seen it all di Bjork. Arrivati ad Alba, ho lasciato Silvia nella sala d'attesa del pronto soccorso, e sono andato a parcheggiare. La sala era affollata dai residui del sabato sera: nasi rotti e via dicendo. Silvia ha preferito fare a piedi tutto il lungo tragitto che porta al reparto di ginecologia, nonostante il ravvicinarsi e l'intensificarsi delle contrazioni. Gli ampi e semibui corridoi dell'ospedale deserto in una sera d'estate avevano un'aria insieme placida e sinistra.
Giunti a destinazione, un'ostetrica ci ha fatti accomodare nella confortevole sala parto che, al tempo di Pietro, stavano rimettendo a nuovo. Ammetto di aver controllato, come prima cosa, che ci fosse il lettore CD: è stato più forte di me, ma del resto avevamo concordato la nostra playlist più di un mese prima... ahem. Comunque, se l'altra volta il dolore delle contrazioni era stato ammorbidito dalle note delicate di Pink Moon di Nick Drake, e Pietro era poi stato salutato dalla voce di Billie Holiday, questa volta la nostra accurata scelta congiunta era caduta su Secrets of the Beehive di David Sylvian, Master and Everyone del solito Bonnie "Prince" Billy, Beautiful Collision di Bic Runga e Our Endless Numbered Days degli Iron & Wine, tenendo come riserva anche lo stesso Pink Moon, visto che aveva svolto egregiamente il suo compito tre anni prima. Ovviamente, la speranza era quella di non doverli usare tutti, ma dopo la lunga esperienza di Pietro, non pensavamo che saremmo stati così fortunati da non avere il tempo di ascoltarne nemmeno uno!

Insomma, per farla breve, Gemma è stata una scheggia. Quando ci siamo sistemati in sala parto credo che fossero quasi le quattro di mattina, e poco meno di due ore dopo, verso le sei meno un quarto, la nostra bimba era già tra le braccia di sua madre. Sebbene il travaglio, come ogni travaglio, non sia stato indolore, si è svolto con incredibile naturalezza, scioltezza e rapidità. Anche per quanto mi riguarda, non ho nemmeno dovuto fare molto, salvo porgere le mani a Silvia quando arrivavano le contrazioni affinché potesse stringerle, e offrirle una spalla da mordere in un paio di occasioni al massimo (nulla a confronto di ciò che hanno dovuto subire qualche giorno dopo il marito e le ostetriche della futura compagna di stanza di Silvia).
Quando l'ostetrica ha che poteva iniziare a spingere, Silvia l'ha guardata incredula, e poco dopo ha lanciato un unico lungo grido. Ho alzato lo sguardo e, non so perché, per un attimo mi è sembrata una fiera guerriera pellerossa. Altrettanto increduli siamo stati entrambi quando, ancor prima di vederla (Silvia si abbracciava alle mie spalle, per cui né io né lei vedevamo ciò che accadeva più in giù), abbiamo sentito il primo vagito. In un soffio Gemma era già lì, adagiata sul lettino, piccina, pulita, carina e così terribilmente somigliante a Pietro. Siamo rimasti lì tutti e tre nella tranquillità della sala parto, nelle prime ore del mattino.

Ora Gemma è qui a casa con noi. La permanenza di Silvia in ospedale è stata un po' dura per Pietro, ma io e lui ce la siamo cavata abbastanza bene, a casa da soli. Certo, com'è naturale che sia, si vede benissimo che un po' patisce a dover divedere la sua mamma con qualcun altro, ma devo dire che finora il nostro bimbo si è comportato con una certa maturità, non facendo nemmeno i capricci in occasione dei primi giorni d'asilo, sebbene i due "traumatici" eventi si siano verificati a brevissima distanza l'uno dall'altro. Qualche volta ha tentato persino di consolare la sorellina esortandoci a prenderla in braccio quando lei piangeva o dicendole: "Non piangere! Ci sono qua io!". Dal canto nostro, stiamo cercando di coinvolgerlo il più possibile e di non fargli mancare troppo la nostra presenza. Inutile dire che le nostre giornate sono molto, molto lunghe.

Tengo in braccio mia figlia, la guardo, così simile a Pietro, così tranquilla, soffice e dolce, penso a tutti i giorni che verranno, al processo di crescita appena iniziato. Mentre cullandola sfoggio in semi-automatico il mio ormai consolidato repertorio canoro, mi chiedo, dopo i tre anni vissuti con Pietro, come sarà con una femmina. La guardo negli occhi e mi chiedo cosa veda in me e come vedrà suo padre quando sarà grande. Sento i suoi esili squittii e i suoi sonori pianti in cerca del pupo, e mi chiedo come sarà la sua voce. Me la immagino giocare con Pietro tra qualche anno, quando saranno entrambi più grandi, e mi viene da chiedermi come evolverà il mondo intorno a me nell'arco di tempo così lungo eppure così breve di tre anni, prima che io possa vederla come vedo Pietro ora. Nell'arco degli ultimi tre ne sono cambiate tante, tantissime, di cose. Loro intanto crescono, e noi cerchiamo di concentrarci su di loro.

Grazie per essere qui, Gemma. Il tuo nome, che abbiamo cercato di tenere nascosto fino all'ultimo, era il nome di tua bisnonna. L'abbiamo scelto non solo perché ci piaceva (personalmente amo i nomi semplici, brevi, con un'etimologia chiara e ancor meglio se con rimandi al mondo naturale) e perché faceva il paio con Pietro, di cui può essere anche inteso, in una delle sue accezioni, come una variante femminile. L'abbiamo scelto anche perché volevamo che, in questa gemma che va schiudendosi verso il futuro, fosse presente un legame con il passato. Perché, se mi è concessa la banalità, la pianta su cui sbocci non sia priva di radici.

2 commenti:

alice ha detto...

attendevo questo post con ansia...
nell'attesa di conoscere gemma dal vivo. un bacio a tutti.

Riki ha detto...

Finalmente. Sono contenta.

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